Si sa che lo sfratto, ovvero il rilascio obbligato dell’abitazione (e se necessario, anche attraverso l’utilizzo della forza pubblica) è sempre un momento delicato e di una certa gravità, a prescindere dalle specifiche ragioni che lo hanno causato. Vediamo di seguito l’ipotesi dello sfratto esecutivo con riferimento ai disabili e se ci sono rapporti con la legge 104. Si tratta infatti di eventualità non remota.
Sfratto esecutivo disabili: qual è il contesto di riferimento?
Il fatto che è un proprietario di un appartamento si domandi se può eventualmente sfrattare il proprio inquilino, portatore di disabilità ed handicap, è assolutamente legittimo. Ci si può infatti chiedere se la legge vigente prevede qualche speciale tutela per l’affittuario, in ritardo con i pagamenti, e affetto da una qualche forma di invalidità.
La risposta che la legge dà sul punto non c’è. O meglio, al momento non ci sono norme ad hoc che disciplinano integralmente lo sfratto di un disabile (ed eventualmente in qualche modo lo tutelano). Il legislatore, insomma, in materia di sfratti non ha inteso finora distinguere tra inquilino moroso non disabile e disabile. Non ne conseguono quindi specifici rapporti e collegamenti tra questa situazione e legge 104, se non in termini molto generali.
Come spesso succede in varie circostanze e contesti differenti, è stata allora la giurisprudenza a tener conto, nei vari casi concreti affrontati in Tribunale, della gravità della situazione in cui può trovarsi un disabile, indietro con i pagamenti del canone. Perciò, la giurisprudenza ha optato talvolta per concedere un po’ di tempo in più all’inquilino, per riuscire a trovare un differente alloggio in cui vivere. Insomma, una sorta di rinvio dello sfratto per motivi di salute.
Il dato della legge è però la base da cui partire comunque. Ciò significa che deroghe, in via generale, non sono concesse dalle norme, neanche per gli inquilini morosi disabili. Tra l’altro, non occorre che il conduttore non abbia pagato il canone per molto tempo (ad esempio più mesi o addirittura un anno): è sufficiente un solo mese in cui il proprietario non abbia percepito il canone dell’affitto, a consentire di rivolgersi al giudice. In ogni caso, però, il ritardo del pagamento deve aver oltrepassato i 20 giorni dalla data di scadenza, pattuita dalle parti.
Che cosa può fare il disabile in questa situazione?
La legge è comunque piuttosto chiara: l’inquilino deve anzitutto pagare quanto dovuto al proprietario, onde evitare conseguenze peggiori come lo sfratto esecutivo. Una parziale deroga consentita è che il disabile possa chiedere al giudice ed ottenere il cosiddetto termine di grazia. Si tratta di 90 giorni entro cui trovare una soluzione: versare la cifra dovuta oppure cambiare alloggio.
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I rimedi temporanei concessi dalla legge
In verità, però, oltre all’indulgenza del giudice, il disabile potrà fare affidamento ad alcune disposizioni di legge, le quali hanno un utilità “parziale”: consentono cioè la mera sospensione dello sfratto. Infatti, l’inquilino invalido può chiedere al giudice in sede di opposizione, la sospensione dello sfratto per disabilità, al fine di evitare di andarsene, almeno momentaneamente.
Si tratta dell’ipotesi contemplata nella legge n. 9 del 2007 (“Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali“). Questa legge, però, per essere applicabile in concreto, richiede requisiti specifici ed ulteriori allo stato di invalidità, come un reddito lordo sotto i 27mila euro. La valutazione è poi comunque discrezionale e sarà il giudice a stabilire se il richiedente potrà ottenere la sospensione dello sfratto, in ogni caso per non più di 18 mesi.
In conclusione, è possibile ottenere la sospensione dello sfratto esecutivo, e sempre sotto il vaglio del giudice, anche facendo valere, giudizialmente, il diritto a trovare una sistemazione adeguata alle proprie condizioni e disabilità, prima che intervenga l’ufficiale giudiziario. Insomma, è anche consentito chiedere al magistrato la sospensione dello sfratto, fino a che non sarà rintracciata un’abitazione idonea alle esigenze del disabile. È chiaro che sarà comunque il giudice ad avere l’ultima parola, e saranno determinanti eventuali certificati medici che attestino una situazione di grave invalidità.
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