Carta docente Ata ed educatori: no bonus 500 euro dal Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato conferma quanto previsto dalla Buona Scuola: niente carta docente per educatori dei convitti e Personale Ata
Il Consiglio di Stato conferma quanto previsto dalla Buona Scuola: educatori dei convitti e Personale Ata non hanno diritto al bonus da 500 euro previsto per i docenti.
Carta docente: niente bonus per educatori e Personale Ata
Secondo il Consiglio di Stato, nonostante gli educatori siano equiparati ai docenti della scuola primaria, chi opera nei convitti “non ha titolo per invocare il riconoscimento in proprio favore della carta del docente” ciò perché non gli è richiesto l’obbligo di formazione aggiuntivo rispetto al Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF) che invece è previsto per i docenti a tutti gli effetti dalla Legge 107.
In un altro pronunciamento sempre il Consiglio di Stato poneva lo stesso ostacolo all’erogazione del bonus ai membri del Personale Ata; la motivazione? Ricoprono funzioni amministrative, contabili, gestionali, strumentali, operative e di sorveglianza che nulla hanno a che vedere con quelle assolte dal personale docente.
Eliminare le “elemosine” della scuola renziana
I sindacati si sono scagliati contro la decisione dei giudici: considerando il quadro normativo e nello specifico quanto disposto dall’ultimo rinnovo contrattuale “il personale educativo è docente a tutti gli effetti” si ribadisce dalle associazioni degli educatori. Al di là dell’erogazione della carta del docente anche agli educatori, queste ultime hanno tenuto a precisare come sarebbe di gran lunga preferibile eliminare tutte le ‘elemosine’ della scuola renziana e incrementare gli stipendi dei lavoratori della scuola.
Secondo i calcoli delle sigle sindacali, chiudendo la stagione dei bonus, il Miur avrebbe a disposizione circa un miliardo di euro da investire per aumentare le retribuzioni dei lavoratori della scuola. Si parla di più o meno mille euro lordi in più all’anno, tra l’altro, pensionabili. Da qui la proposta: stop ai bonus e investimento delle risorse nell’aumento del reddito utile anche a fini pensionistici, insomma, dello stipendio tabellare.
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