Immaginate un villaggio isolato di un centinaio di abitanti. Tra loro ci sono uomini e donne di tutte le età, con caratteri, religione, gusti e idee politiche diverse. Tra loro devono convivere e, soprattutto, accoppiarsi. Per un principio basilare dell’essere umano, le femmine tendono a preferire i maschi più popolari all’interno della comunità.
I maschi si adattano ed entrano in una sorta di torneo sociale per mettersi in mostra. Non è un meccanismo casuale: l’uomo impara perché scimmia vede, scimmia fa. Guarda quello che fanno i maschi più popolari e cerca di fare meglio.
Un giorno, nel villaggio decidono di fare una sagra con un’enorme mastella di pasta. Bisogna decidere con quale sugo. La comunità si riunisce: alcuni vogliono il pesto, altri il ragù, altri cacio e pepe, altri la carbonara, altri la gricia. Sono tante idee diverse, ognuna con un ragionamento dietro: il ragù è più invernale. La cacio e pepe resta sullo stomaco ai bambini. La carbonara è pesante.
Ai maschi, sotto sotto, interessa principalmente fare bella figura con la comunità e con le femmine, ma non c’è una direzione chiara da seguire. Sono tutte opinioni valide e tutte opposte. Si finisce per trovare un compromesso: faremo il pesto alla calabrese.
Ora immaginate un villaggio dove tutti sono uguali.
Pensano le stesse cose, hanno le stesse idee e gli stessi gusti. I maschi devono riuscire a emergere lo stesso, ma non possono farlo esprimendo idee o pensieri che non condividono, perché perderebbero il rispetto della loro comunità. L’unico modo per emergere è quello di dimostrarsi più puro degli altri. Se a tutti piace il pesto, tu addirittura te lo strofini sul glande. Se qualcuno se lo strofina sul glande, tu te lo metti tipo supposta.
Un giorno la comunità decide di fare la sagra con, ovviamente, la pasta col pesto. Emergere è l’istinto basilare dell’essere umano, ma come fai, se tutti sono uguali a te? Dimostri di essere più appassionato di pesto degli altri, e dici di metterci più basilico e meno pecorino. Tutti applaudono, dicendo che sei un vero amante del pesto. Allora si alza un altro, e dice che lui il pecorino nemmeno lo vuole. Ora applaudono lui. Si alza un altro e dice che in fondo anche l’olio copre il sapore del basilico.
Alla fine, alla sagra si trovano tutti a ruminare foglie di basilico come capre. Uno si alza in piedi e urla BASILICO AKBARRR e si inietta il basilico in endovena, trapassando.
Ora applichiamo lo stesso principio alla nostra comunità Internet.
Le persone che seguiamo, i nostri contatti, i nostri giornalisti e opinion leader di riferimento ci vengono suggeriti in base alle nostre idee. In pochissimo tempo la nostra finestra sul mondo ci fa pensare che tutti siano nostri cloni nei gusti e nelle idee politiche. Questo fidelizza chi usufruisce dei social, ma crea un problema secondario: ci fa sentire irrilevanti. Per emergere bisogna dimostrare che sì, a tutti piace il basilico, ma a me piace talmente tanto che ci dormo in mezzo.
In una decina d’anni, nemmeno realizziamo che lì fuori c’è gente con idee diverse, perché siamo troppo impegnati a raccontare alla nostra comunità che per noi il governo dovrebbe farci dormire nel basilico. Si dice fuori ci sia chi mangia diverso da noi, ma forse non è vero, e comunque saranno quattro gatti.
All’improvviso alla sagra regionale scopriamo che c’è eccome gente che mangia la carbonara, perché loro il basilico manco lo conoscono. Loro scoprono che esistiamo noi. A quel punto le posizioni sono talmente distanti, la retorica e la dialettica così antitetiche, che un compromesso o una via di mezzo sono impensabili e chi propone di ascoltare le loro ragioni, o di trovare un compromesso, viene linciato dalla propria comunità e bollato come traditore, filocarbonarista, infiltrato, voltagabbana.