Il signor Weber, di 61 anni, è morto nel pomeriggio del 4 luglio sbranato vivo da quattro tigri che stava addestrando. Era uno dei migliori domatori d’Italia, sposato a un’altra circense, Loredana Vulcanelli. Era a Triggiano per una manifestazione organizzata dal centro commerciale BariBlu con il circo Marina Monti Orfei quando una tigre gli è saltata addosso, seguita dalle altre tre, che l’hanno straziato. Ricoverato d’urgenza al pronto soccorso, c’era poco da fare. Le tigri sono state sequestrate e ora sono affidate allo Zoosafari di Fasano, a Brindisi.
Come al solito, gli animalisti gioiscono del dolore (altrui)
L’immancabile folla, protetta dall’anonimato, ha definito la morte di Weber “una bella notizia”, chi ha detto che venire sbranato vivo fosse “giustizia”, chi ha detto che “godeva”. Ho contattato gli autori di questi commenti chiedendo un’intervista video. Alcuni mi hanno bloccato, altri si sono giustificati dicendo che “poteva succedere davanti ai bambini”. Una signora ha detto che le piacerebbe vedere il filmato dove lui viene straziato “per scopi istruttivi”. Quando ho chiesto se era disposta a dirlo davanti alle telecamere, ha negato. Ho chiesto se era disposta a spiegare alla moglie di Weber come mai la morte del compagno fosse una bella notizia, ma la signora non mi ha più risposto. Molti dei commentatori – perlopiù donne – hanno detto che la vita di una tigre vale più di quella di un essere umano.
Nessuna di loro è stata disposta a ripetere dal vivo quello che scriveva
Credo nessuna di queste persone rimarrebbe impassibile davanti alla morte di un essere umano. Credo dietro quei mantra, quei maiuscoli urlati, quelle frasi ripetute in maniera ossessiva, ci sia più paganesimo che razionalità. La folla fa e dice le stesse cose fin dall’alba dei tempi, quello che cambia è la percezione che abbiamo di lei, e quella percezione falsa la nostra razionalità. Noi giornalisti, ma anche noi spettatori, quando vediamo 100 commenti li eleviamo a maggioranza assoluta del paese. A volte sì, perché fa comodo. Altre volte perché crediamo davvero di essere davanti a una massa critica, dotata di un’opinione ragionata.
Non è mai così.
Ma le opinioni estremizzate parlano più forte di quelle moderate, e gli articoli che fanno i nomi e i cognomi con gli screenshot sono più condivisi, finché i media e gli spettatori si convincono queste siano le uniche opinioni esistenti, o comunque la maggioranza. E questo obbliga ad andare sempre più verso l’estremo e a censurare l’interno. Lo vediamo in qualsiasi cosa, anche nelle recensioni dei film: un capolavoro o una cacata. Il meccanismo è così diffuso che oggi dare due versioni della stessa storia, mostrare due punti di vista, viene bollato come “dare un colpo al cerchio e uno alla botte”. Gli animali o li ami o li odi, se dici che ti sono indifferenti in realtà li odi.
E credo questo meccanismo sia l’unica reale minaccia che c’è lì fuori alla nostra democrazia: credere che quel che diciamo tra la folla sia quello che pensiamo davvero.