Moldavia: Timofti è presidente, ma il futuro resta un’incognita
Dopo tre anni di sforzi infruttuosi il parlamento Moldavo è riuscito, infine, ad eleggere un nuovo presidente. Molti analisti considerano che l’elezione di un nuovo capo dello stato segna una svolta nella storia del paese e la fine della paralisi politica che ha conosciuto il paese negli ultimi anni.
In piena crisi di identità, strattonata tra est e ovest, tra Russia da un lato e Romania dall’altro, tra Transdniestria e România Mare (grande Romania), la fragile repubblica Moldava vive un periodo di profonde convulsioni politiche che sono acuite dalla grave crisi economica che colpisce il paese, uno dei più poveri d’Europa (si calcola che siano quasi un milione i moldavi che vivono all’estero). A questi fattori va sommato il ventennale conflitto con la regione russofona secessionista della Transdniestria, che resta aperto e che costituisce un ulteriore elemento di destabilizzazione (si veda la recente decisione del regime russo di aprire 24 stazioni di voto nel territorio transdniestriano in occasione delle recenti elezioni presidenziali russe).
[ad]Lo scorso 16 Marzo il parlamento Moldavo è riuscito infine ad eleggere un nuovo presidente della repubblica. L’ex-presidente del consiglio superiore della magistratura, Nicolae Timofti, è stato eletto alla funzione suprema con il voto favorevole di 62 deputati (ai voti dei 58 deputati della coalizione di governo si sono sommati quello dell’indipendente Mihai Godea e dei tre ex-deputati comunisti guidati da Igor Dodon che si sono uniti recentemente al partito socialista) ma con l’opposizione dei comunisti che ne hanno contestato, in vano, la legittimità. L’elezione di Timofti ha posto fine a 917 giorni di vacanza della presidenza, durante i quali l’interim era stato assunto dal presidente del parlamento. Molti osservatori auspicano che questa elezione segni la fine alla grave crisi politica generata dall’esito delle elezioni politiche del 5 aprile del 2009.
Dalle elezioni del 2009 all’elezione di Timofti
Il partito comunista della repubblica moldava (Partidul Comuniștilor din Republica Moldova, PCRM), che era al potere dal 2001, vinse le elezioni dell’aprile del 2009, le quinte dall’indipendenza, ma non ottenne la maggioranza di 61 seggi (su 101) necessaria per eleggere il presidente della repubblica (la costituzione moldava sancisce che in caso non si riesca ad eleggere un nuovo presidente nel corso di due votazioni, la seconda delle quali deve avere luogo entro dieci giorni dalla prima, il parlamento verrà sciolto e si dovranno tenere nuove elezioni). La vittoria dei comunisti in quelle elezioni scatenò, inoltre, una rivolta popolare, la rivoluzione di “twitter”, guidata da gruppi di giovani delle zone urbane desiderosi di vedere il loro paese modernizzarsi ed entrare in Europa. I manifestanti accusavano il governo di avere fatto un ricorso massiccio a brogli elettorali (il presidente Voronin e i comunisti accusarono allora la Romania di essere dietro queste proteste).
Vista l’impossibilità di eleggere un nuovo presidente, il parlamento fu sciolto e furono indette nuove elezioni per il luglio del 2009. Quelle elezioni segnarono la fine degli 8 anni di governo comunista. I comunisti, pur restando il primo partito, persero la maggioranza dei seggi in favore di una coalizione di quattro partiti dell’opposizione di centro-destra -il Partito liberale (Partidul Liberal, Pl), il Partito Liberale Democratico di Moldavia (PLDM), Partito democratico e l’Alleanza “Moldova Nostra”- che si aggiudicò 53 seggi. Nel giro di pochi mesi questi partiti formarono l’Alleanza per l’integrazione europea (attualmente al potere), il presidente del PLDM Vlad Filat fu nominato primo ministro e il leader comunista Vladimir Voronin si dimise dalla presidenza della repubblica. Purtroppo, però, il cambio di maggioranza non risolse la crisi politica.
(per continuare la lettura cliccare su “2”)