Andrea Camilleri: frasi, moglie e figli. Cosa lascia l’autore di Montalbano
Una famiglia numerosa quella costruita da Andrea Camilleri e dalla moglie Rosetta Dello Siesto: i due si sono sposati nell’ormai lontano 1957
Il noto scrittore Andrea Camilleri è morto stamattina, 17 luglio: aveva 93 anni. A dare l’annuncio della scomparsa con un comunicato ufficiale la stessa Asl 1 di Roma presso cui era stato ricoverato tempo fa in seguito ad un arresto cardiaco: “Con profondo cordoglio comunichiamo che alle ore 08.20 del 17 luglio 2019 presso l’Ospedale Santo Spirito è deceduto lo scrittore Andrea Camilleri”.
Andrea Camilleri: una storia d’amore lunga più di 60 anni
Una famiglia numerosa quella costruita da Andrea Camilleri e dalla moglie Rosetta Dello Siesto: i due si sono sposati nell’ormai lontano 1957; in una recente intervista lo scritto aveva descritto il giorno del suo matrimonio come il “più allegro della mia vita”. La coppia ha avuto tre figlie, Andreina, Elisabetta e Mariolina, quindi, quattro nipoti e due pronipoti. Camilleri e la moglie hanno sempre tenuto lontani i riflettori dalla propria intimità, tuttavia, tra le tantissime pagine dello scrittore siciliano se ne trova una in cui viene narrato l’innamoramento dei due. Il racconto si trova nell’opera autobiografica di Camilleri “Ora dimmi di te. Lettera a Matilda”, libro dedicato a una pronipote:
“Fu durante le prove di questa mia prima commedia che feci un incontro che avrebbe segnato per sempre la mia vita. Rosetta cominciò a seguire le prove, ma dopo qualche giorno mi accorsi che il mondo del teatro e le sue regole erano mille miglia distanti da lei. Una o due volte che le chiesi di aiutarmi concretamente per gli effetti sonori e rumoristici mi combinò dei disastri. Se non persi le staffe fu perché mi riusciva stranamente simpatica e la sua presenza mi metteva allegria. Dopo che lo spettacolo andò in scena partii per restare un mese in Sicilia dai miei. Trascorsa una settimana, mi resi conto con mia grande sorpresa che non c’era stato giorno che non avessi pensato a quella ragazza. Non riuscivo sinceramente a spiegarmene le ragioni ma un fatto era sicuro: ogni sera, prima di addormentarmi, davanti ai miei occhi compariva la sua immagine sorridente. Avevo due compagni di infanzia, veri e autentici amici, e raccontai a loro lo strano fenomeno che mi stava capitando. Devo confessarti che fino a quel momento io ero passato da una ragazza all’altra con grande facilità. La risposta dei miei due amici fu di una semplicità elementare: «Te ne sei innamorato». Nei restanti giorni di vacanza siciliana ebbi modo di constatare come quella risposta fosse stata giusta. Così, appena tornai a Roma le telefonai e la invitai a cena, lei accettò. Da quella sera ceniamo assieme da oltre sessant’anni”.
Meglio nonno che padre
Nella stessa autobiografia, un lungo dialogo immaginario con la pronipote, Andrea Camilleri parla di sé come padre e come nonno:
“Tutto questo lavoro però aveva un risvolto negativo, quello che non riuscivo a stare vicino alle mie figlie che intanto crescevano. Stavo troppo tempo fuori casa: l’esempio più lampante è dato dallo svolgimento del tema “Mio padre”, fatto da tua nonna Andreina che allora andava alle elementari. “Mio padre quando torna a casa litiga con mia madre. Poi si chiude nello studio e legge copioni. La sera esce e torna il giorno dopo. Qualche volta sa fare andare la lavatrice”. A mia difesa dirò che proprio in quel tempo Rosetta e io vivevamo felici in pieno accordo, quindi quelli che Andreina credeva litigi erano normalissime discussioni familiari. Era vero che io uscivo la sera per andare a provare in teatro ma tornavo verso la mezzanotte quando la bambina dormiva, perciò per lei io rincasavo il giorno dopo. (…) Sono stato, però, un buon nonno. Tanto buon nonno che le figlie non mi hanno negato qualche scenata di gelosia – ha detto -. I miei nipoti, fin da piccolissimi, hanno avuto libero accesso al mio studio dove potevano giocare senza che minimamente mi disturbassero, anzi mi piaceva sentirli vivere e liberare la loro energia dentro la mia stanza, un’energia contagiosa che mi faceva scrivere meglio. Potevano salire sul tavolo o, come succedeva più spesso, starsene a giocare sotto la scrivania interrompendomi continuamente, non battevo ciglio, non mi davano nessun disturbo, tanto che un giorno mia moglie mi disse: “Tu non sei uno scrittore, sei un corrispondente di guerra”.
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