Faceapp: problemi di privacy degli utenti, perché non rispetta il Gdpr
Nonostante Faceapp, grazie al suo filtro per l’invecchiamento, stia spopolando sorge qualche dubbio sull’uso che fa dei dati personali degli utenti
È sicuramente una delle app di maggiore successo di questi primi giorni d’estate, FaceApp permette di modificare i propri selfie con un filtro che simula l’invecchiamento. Nonostante stia spopolando, però, comincia a sorgere qualche dubbio sull’uso che fa dei dati personali degli utenti.
Faceapp: il ritorno al successo
FaceApp aveva riscosso un notevole successo già due anni fa (è disponibile da gennaio 2017): anche allora l’applicazione permetteva di applicare un filtro che simulava l’invecchiamento del volto ma quelli più in voga all’epoca riguardavano il cambio di genere e il cosiddetto «aumento della bellezza». Invece, trainata dal #FaceAppChallenge sui social ma anche da un sensibile miglioramento dell’algoritmo che permette di ottenere risultati più realistici, il software è ora tornato sulla cresta dell’onda. La società che ha sviluppato FaceApp è la Wireless Lab, il suo amministratore delegato è Yaroslav Goncharov, ex manager di Yandex, il principale motore di ricerca russo.
Come funziona FaceApp? Una volta installata – gratuitamente – chiede l’autorizzazione per poter accedere alla galleria fotografica dello smartphone, quindi, permette di utilizzare diversi filtri per modificare le immagini, tra questi come si diceva anche quello per l’invecchiamento. D’altra parte, non segnala in modo evidente che le immagini per essere modificate saranno trasferite sui suoi server – dove materialmente, per così dire, avvengono le modifiche – prima di essere rispedite sullo smartphone con il filtro applicato.
I problemi per la privacy
Questo meccanismo è utilizzato anche da altre app dello stesso tipo, d’altra parte, gli sviluppatori non hanno finora voluto fornire delle informazioni precise sulla fine che fanno le immagini caricate sui propri server: si sono limitati a dire che vengono cancellate dopo qualche giorno. Alcuni esperti hanno ricostruito il percorso delle immagini caricate su FaceApp notando che vengono salvate sui server Amazon e Google, dunque, pare che nessuna informazione sensibile arrivi in territorio russo (per qualcuno questo dovrebbe accrescere la preoccupazione). Nonostante ciò la normativa europea per la tutela della privacy (GDPR) – in vigore ormai da più di un anno – non sembra essere neanche lontanamente rispettata dall’applicazione.
Innanzitutto, anche FaceApp consente agli utenti di chiedere la rimozione dei dati salvati sui server dell’applicazione ma soltanto attraverso una procedura complicata e poco accessibile (gli sviluppatori hanno assicurato che presto sarà inserita una procedura decisamente più semplice). Inoltre, la politica sulla privacy di FaceApp non è chiarita se non sul sito dell’applicazione e in ogni caso è vaga a proposito della possibilità che le immagini vengano raccolte per poi essere condivise con altre società a scopo commerciale o per l’addestramento di A.I. e programmi di riconoscimento facciale. Insomma, come sostengono associazioni dei consumatori come Altroconsumo e Codacons, dietro a quello che sembra un innocuo tormentone estivo potrebbe nascondersi un pericoloso traffico di dati sensibili?
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