Michael Collins: chi è l’astronauta dell’Apollo 11, biografia e cosa fa oggi
Non solo Neil Armstrong e Buzz Aldrin; spesso ci si dimentica del terzo astronauta dell’Apollo 11 Michael Collins, l’«uomo che non camminò sulla luna»
Ricorre il 50esimo anniversario del primo allunaggio, spesso nelle commemorazioni dello storico evento si ricordano solo i nomi di Neil Armstrong e Buzz Aldrin ma gli astronauti della missione, in realtà, Apollo 11 erano tre. C’era anche Micheal Collins, l’«uomo che non camminò sulla luna».
Michael Collins: l’uomo che non camminò sulla luna
Collins è nato il 31 ottobre 1930 a Roma – al civico 16 di via Tevere, dove ancora oggi una targa ricorda l’evento – per via della professione del padre Generale dell’Esercito di stanza all’ambasciata americana in Italia. Una volta tornato negli Usa frequentò l’accademia militare di West Point, l’inizio di una carriera da pilota di caccia con oltre 4mila ore di volo. Passato alla NASA nel 1963 divenne così esperto nelle manovre da redigere un manuale di 117 pagine sulle procedure di emergenza. Partecipò, dopo essersi specializzato in missioni EVA (le cosiddette “passeggiate nello spazio”, alle missioni Gemini 7 e Gemini 10.
Nel quadro della missione Apollo 11 gli venne affidato il compito di pilotare il modulo di Comando e di Servizio Columbia da cui il lander con a bordo Armstrong e Aldrin sarebbe partito alla volta della Luna. Collins era stato addestrato, per certi versi in modo più duro rispetto agli altri due astronauti, per pilotare la “nave madre” da solo e a riportarla sulla Terra nel caso in cui qualcosa fosse andato storto.
Una solitudine che l’uomo non provava dai tempi di Adamo
Mentre Armstrong e Aldrin erano sulla superficie lunare – ci rimasero per ben 21 ore – Collins rimase a bordo della navicella che nel frattempo orbitava intorno alla Luna. Dunque, diverse volte passò dal lato oscuro del satellite (la Luna si frapponeva completamente tra lui e la Terra), in questi frangenti – fino alla missione Apollo 13, nessun uomo era mai andato così lontano – non poteva comunicare né con la struttura di controllo sulla Terra né con i due compagni di viaggio.
“Nessun uomo sperimentava una solitudine del genere dai tempi di Adamo” descrissero la sua condizione con queste parole dalla Nasa. Recentemente intervistato dalla Bbc, gli venne ricordata questa frase allorché Collins rispose lapidariamente “e quindi?”. Un aneddoto che permette di comprendere la freddezza dell’astronauta allora come oggi all’età di quasi 90 anni. Nella sua autobiografia – intitolata “Carrying the fire” – raccontò di non essersi mai sentito realmente solo ma di aver provato “consapevolezza, soddisfazione, fiducia, quasi gioia”.
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