Diritto all’oblio Gdpr: cosa significa e come cambia. Ecco cosa sapere
Diritto all’oblio: com’è disciplinato oggi in base al Regolamento Europeo sulla Privacy e cosa è importante sapere in proposito.
Il diritto all’oblio è ormai pienamente riconosciuto nel normativa dell’Unione Europea. Ciò tramite il cosiddetto Regolamento europeo sulla privacy, detto in breve Gdpr, in vigore dal maggio 2018 (General data protection Regulation). Vediamo allora cosa è utile sapere in proposito.
Diritto all’oblio: di che si tratta?
Definendo in sintesi il diritto all’oblio, possiamo intenderlo come il diritto ad essere dimenticati dalla collettività, nel corso del tempo. Insomma si tratta di una vera e propria garanzia che comporta il divieto di diffusione, a meno che non ricorrano cause e motivazioni specifiche, di notizie inerenti precedenti pregiudizievoli (se divulgati al pubblico) per l’onore di una persona.
Pertanto, in base al cosiddetto diritto all’oblio, non è possibile diffondere notizie ed informazioni relative a dati sensibili o condanne giudiziarie inflitte. Ciò a meno che si tratti di fatti di cronaca di particolare importanza, e, in ogni caso, sempre tenendo presente che la pubblicità del fatto deve essere comunque parametrata alla rilevanza del fatto stesso e al tempo comunque trascorso.
Si è accennato del valore del regolamento Gdpr, il quale all’art. 17 prevede e disciplina finalmente il diritto all’oblio, in passato considerato un mero concetto di natura giurisprudenziale. Oggi invece tale diritto è affermato con forza su un testo di legge. Anzi, la stessa Corte di Cassazione si è “conformata” a tale Regolamento e, recentemente, ha sancito la prevalenza del diritto alla privacy ed alla riservatezza, rispetto ai fatti di cronaca, quando questi stessi fatti non siano importanti per la collettività e non abbiano comunque mutato il corso della storia.
Alcune applicazioni pratiche
Il diritto all’oblio, com’è facilmente intuibile, ha diversissime applicazioni pratiche. Non solo di tipo tradizionale, e cioè inerenti fatti di cronaca, ma anche – più semplicemente – tutti quei casi in cui una persona apra un account su un social network o comunque pubblichi un qualche contenuto personale sul web. Ebbene, in base alla disciplina sul diritto all’oblio, se è vero che in queste circostanze l’interessato lascia tracce su internet, è altrettanto vero che questi riferimenti potenzialmente indelebili, dovranno essere rimossi obbligatoriamente (qualora venisse a mancare il consenso alla pubblicazione) dai gestori del sito, in cui sono pubblicati. Infatti, la limitazione della privacy è consentita soltanto su consenso, e tale consenso può essere in ogni momento revocato dall’interessato. Più delicata la questione del rapporto tra diritto all’oblio e diritto di cronaca, nei casi di fatti e notizie tipiche dei giornali: in queste circostanze, vanno bilanciati di volta in volta i due diritti e gli interessi in gioco, dando maggior rilevanza all’uno o all’altro diritto.
D’altronde l’art. 17 citato, parla chiaro: qualsiasi cittadino ha il diritto di ottenere, da chiunque abbia pubblicato i propri dati personali (ad esempio un sito web), la relativa eliminazione immediata. Tale diritto all’oblio è da applicarsi qualora i dati personali non siano più fondamentali per gli scopi per i quali sono stati trattati ed utilizzati; oppure qualora l’interessato revochi il consenso; oppure ancora quando i dati personali sono stati trattati senza il consenso dell’interessato, e quindi in modo illecito (si pensi ad esempio al tipico caso della pubblicazione non autorizzata di una foto su un giornale).
Segui Termometro Politico su Google News
Scrivici a redazione@termometropolitico.it