Stanotte, alle tre di mattina nel quartiere Prati, pieno centro di Roma, è stato ucciso un Carabiniere. Si chiamava Mario Cerciello Rega, era un vicebrigadiere di 35 anni. Era stato chiamato da un uomo, che denunciava di essere stato rapinato di una borsa e di essere stato ricattato dai rapinatori per la restituzione del contenuto.
Secondo le ultime ricostruzioni, l’uomo però era uno spacciatore che aveva venduto aspirina tritata a due giovani che volevano della cocaina: questi avevano poi rubato la borsa con dentro il cellulare dell’uomo e avevano preso accordi con lui con l’intenzione di restituirla in cambio di cocaina.
All’incontro coi giovani, però, invece dell’uomo si presentano il vicebrigadiere Rega con un collega, entrambi in borghese. Fermano i due per un controllo, uno di loro tira fuori dalla tasca un coltello e colpisce Rega otto volte, di cui una al cuore. Poi scappano. Rega viene ricoverato d’urgenza al Santo Spirito, ma muore sul tavolo operatorio prima di riprendere conoscenza o di poter salutare sua moglie, Rosa, che aveva sposato un mese prima.
Rega era in servizio alla compagnia del centro, in zona San Pietro. Quello che stava facendo non era un incarico in cui pensi che morirai accoltellato per strada. Sei nel pieno centro di Roma, mica a Tor Bella Jalalabad.
Naturalmente i Carabinieri faranno quello che sanno fare meglio: lavorare in silenzio, senza lamentarsi, e parlando coi fatti. Anche se fanno una vita difficile, a volte insopportabile: dall’inizio del 2019 ci sono stati 24 suicidi nelle forze armate, di cui 6 solo nell’Arma. Tutto nel silenzio del popolo e degli opinion leader. I vertici dell’Arma non daranno colpe sui social, non si sfogheranno, non prenderanno posizioni politiche anche quando l’emotività spingerebbe chiunque a farlo.
Ma io non sono un Carabiniere.
Quel che mi intristisce è che per qualche millisecondo una parte politica strumentalizzerà la notizia per dare addosso agli immigrati e distogliere l’attenzione dai problemi, mentre l’altra parte politica rimarrà in silenzio, succube di un’ideologia obsoleta, fallimentare e ridicola. Sì, ci saranno dichiarazioni, tweet, applausi ai funerali a cui seguirà la solita inconcludenza. Perché all’Arma non servono nuovi strumenti, procedure, addestramento, riforme del processo penale, no: gli servono conferenze stampa, selfie, hashtag e dirette Facebook.
Allo stesso modo in cui al popolino non interessano soluzioni, rimedi o miglioramenti: gli basta chiedere e vedere punizioni e funerali, perché berciare “sono i rischi del mestiere” oppure “galera a vita” non salverà la vita al prossimo Carabiniere, ma per un attimo fa sentire importanti i meschini e i miserabili dotati di connessione Internet.
L’articolo è stato modificato nella parte relativa alla ricostruzione del delitto a seguito di nuove informazioni pervenute dopo la pubblicazione.