Scrisse una volta Philip K. Dick che la realtà è quella cosa che, se anche smetti di crederci, non se ne va. E anche se è difficile definirla, se è compito improbo lanciarsi in difese di concetti più grandi di noi come la realtà o la verità, ogni tanto bisognerebbe cercare di tenerla d’occhio.
In una società moderna il compito di raccontare la realtà (o almeno un suo pezzettino) dovrebbe spettare alla stampa. In Italia, per molti motivi, questo è più difficile che altrove: per l’assetto proprietario di tv e giornali, posseduti in genere non da editori puri ma da banchieri e affaristi; perché siamo una società consociativa e non maggioritaria; perché non esiste un vero mercato dell’informazione aperto. Per fortuna si può guardare anche al di là della cancellata, dove non ci sono, attenzione, eden o paradisi, ma semplicemente giornali un po’ più liberi e una stampa legittimata a controllare il potere, e non a reggergli il microfono. Ecco che, mentre la nostra stampa italiana, da Verderami in su, esaltava le mosse farsesche del nostro premier al G20 e al vertice Nato, celebrandole come finissime (ma incomprese) strategie fotografico-diplomatiche, l’informazione straniera ridacchiava, scostava lo sguardo da Berlusconi e iniziava a scrivere di cose serie. Incontri, trattative, decisioni: ambiti off limits per bambini e giullari. Washington Times, Reuters, AFP, BBC, Die Welt. Il Daily Telegraph, ci delizia infine con una rassegna delle “Berlusconi’s 10 top gaffes” e chiamando il nostro premier “the joker in the pack“. È notizia di ieri sera che un iracondo presidente del Consiglio abbia minacciato “misure dure” contro la stampa. Il terrore si è seminato tra i giornalisti italiani, rimasti senza una villa in Sardegna dove trascorrere le vacanze.