Predappio fashi-on week: le ultime tendenze della moda neofascista

Pubblicato il 29 Luglio 2019 alle 21:07 Autore: Nicolò Zuliani
Predappio fashi-on week: le ultime tendenze della moda neofascista

È il compleanno di Mussolini.

A Predappio, è celebre la scritta “Se non siete decentemente vestiti rinunciate ad entrare”. Grazie alle numerose documentazioni video, ho analizzato le ultime tendenze della moda neofascista che sta a Predappio come i criptogay stanno al Pitti. Cos’è che i neofascisti intendono per “vestiti decentemente”? Esistono dei/delle top model? Degli stilisti? La catwalk a Predappio è sicuramente l’evento più glam dell’anno, per un nostalgico del regime: come scelgono di apparire per omaggiare il loro Duce? Vediamoli.

Black is the new black, a quanto pare. Anche se vediamo un ritorno della camicia a maniche corte abbinata a un camouflage da deserto. Brillante la scelta della modella di tenere lo sfondo nero per far risaltare il logo della X MAS – gli eredi del GOI, tra i più grandi eroi la nostra patria abbia partorito – ridotti a immagine catchy alla stregua di Che Guevara. Ah, il capitalismo! Ecco un guizzo di colore fuxia ai piedi della modella che calza agilmente dei fuseaux da jogging a tre quarti.

Decenza, è la parola d’ordine d’una suprema volontà.

Ecco riapparire il camouflage, un classico intramontabile che fa impazzire neofascisti ed obiettori di coscienza. La si abbina a un denim delavée, ma il nero dev’essere presente; anche con un guizzo, basta ci sia. Ecco spuntare quindi una bella maglietta black con effetto sunny, per trasmettere quel senso d’italianità che solo i panni stesi al sole dal 1980 possono dare. Il bianco fa un timido capolino, ma è un colore troppo light per i neofascisti che subito viene stemperato da un camouflage.

Ma cosa vedono le mie pupille?

Ecco apparire un abito: ammiriamo le spalle spioventi della giacca, il drop stile completo del nonno, la giusta proporzione di revere e colletto rovinata dal nodo della cravatta “a la grezzo”. L’uomo nazifascista ci tiene a far sapere che nella sua vita ha messo una cravatta due volte, e che nessuna donna in casa è in grado di correggerlo – o aiutarlo. È un uomo indipendente, severo, rigido. Scelta di colori, tuttavia, corretta e rispettosa per il luogo.

Per qualche istante, appare un uomo vestito da persona normale: potrebbe essere un infiltrato, o un passante, o un giornalista provocatore. Invece è il pronipote di Mussolini, che decide di presentarsi alla celebrazione senza cravatta per un look più tradizionale e casual.

1.Ecco l’interpretazione più casual della decenza neofascista; una maglietta nera sformata portata fuori da un black denim, outfit a prova d’errore per qualsiasi occasione, dal concerto dei 99 posse nel centro sociale all’apertura di un nuovo porno anime da parte di un Hikikimori, al funerale della nonna o il matrimonio del cuggino, che sua moglie ci tiene tanto.

2. La divisa è sacra e se il signore l’ha guadagnata, è un capo di un’eleganza assoluta e merita rispetto. I gradi non si vedono, sfortunatamente. È però interessante sapere se il bersagliere è in servizio, e in quel caso chi gli ha detto di essere lì e per fare cosa. Se non fosse in servizio, allora indossare la divisa sarebbe un reato. Ma essendo neofascisti, quindi cultori della legalità, questo caso è impossibile.

3.Per i modelli più agée ecco apparire un simbolo-feticcio dei cantieri watcher; il gilet da pescatore. Qui presentato blu stinto abbinato a una maglietta con logo fascista bianco – per fare il verso alle magliette per analfabeti tipo Omo de panza omo de sostanza – e pantaloni cargo verde salvia. Completano la mise degli accessori di un certo livello quali braccialettone di finto oro e baffo.

4.Il modello trasgressive che provocatoriamente fa il saluto delle Pantere nere è un’anomalia: neutro, semplice, rischierebbe di sembrare una persona qualunque, ma ecco apparire le scarpe nere e il borsello di marca, che ricorda i bar sport di Mestre, i birrini sui tavolini di plastica e i fischi aspirati quando passano le minorenni in minishorts, o li sguardi in cagnesco verso qualsiasi maschio in età sessualmente attiva.

5.La moda neofascista non si esime dal citazionismo, e qui lo stilista tira fuori una grande icona della working class italica: Vasco Rossi. Il cappellino corto, la camicia nera all’ombelico, il camouflage stemperato da sneakers da quindicenne. È glam, è chic, e basta uno sguardo alla visiera corta del berretto per sentire le urla nelle cucine che profumano di Tavernello e ricette della Parodi, vacanze a Sharm El Sheik e qualche puttan tour.

6.Ancora citazionismo, qui emerge il reduce dal Vietnam anni ’80 ma con mimetica tedesca anni ’90. Il capello lungo, l’anfibio da CAR a La Spezia, la basetta. È il neofascista del nuovo millennio proiettato verso il passato più o meno remoto, basta che non sia il presente o – drammatico faux pas – il futuro.

Qui siamo alla haute couture, la linea più esclusiva per il vero fashista. Il fez riappare in tutta la sua eterna bellezza, e viene quindi reinventato; invece di abbinarlo a un tre pezzi di lino e una cravatta di seta jacquard, così da rischiare di essere storico, viene abbinata a un occhiale a la Gheddafi, a una maglietta nera di pregevole fattura e a una mastoplastica additiva che dona al modello un tocco un po’ trans, un po’ Fight club.

Ecco un altro statement: l’Italia non si merita, si riceve in regalo assieme al reddito di cittadinanza. È un messaggio potente, italianissimo, che però guadagna fashino grazie al pizzetto a filo e il capello polveroso e trasandato, un fashismo 2.0, dove a “ordine e disciplina” si sostituisce “aò ma chemmefrega” e a “libro e moschetto, soldato perfetto” succede “Facebook, magliette e un par de cannette”.

Ma ecco, forse per confondere ancora la platea, apparire un modello di stazza imponente e massiccia, come a dire che anche tra i neofashisti 2.0 esiste ancora lo spirito che portava ai piegamenti e agli esercizi ginnici. Qui il look è più essenziale, i tatuaggi vestono il collo come un moderno dolcevita, il basco risolve la mancanza di camouflage con un guizzo military.

Vedremo come andrà la decenza al prossimo anno.

Per commentare su questo argomento clicca qui!

L'autore: Nicolò Zuliani

Veneziano, vivo a Milano. Ho scritto su Men's Health, GQ.it, Cosmopolitan, The Vision. Mi piacciono le giacche di tweed.
Tutti gli articoli di Nicolò Zuliani →