In Italia, nel 2013, la popolazione si localizza prevalentemente in pianura (48,7% di residenti) e in collina (38,9%). Sempre secondo l’ISTAT, la popolazione si sta ridistribuendo verso i capoluoghi, invertendo il trend 2001-2011 che li portava ad allontanarsene.
Nelle 16 regioni bagnate dal mare ci sono 644 comuni, ovvero l’8% dei comuni italiani totali, pari al 14,3% della popolazione nazionale che nel 2017 contava 60,59 milioni di persone. Quindi, vivono vicini o sul mare un po’ più di otto milioni di persone.
Dai dati pubblicati nel 2017, in Italia ci sono più o meno 500,000 imbarcazioni, ma solo 103,584 sono immatricolate, ovvero presumibilmente superiori ai 10 metri; di queste, solo un quarto sono a vela. In totale fa 19.779, di cui 8.963 superiori ai 10 metri. Di lunghezze tra i 18 e i 24 metri, invece, ce ne sono solo 1.187. Facendo gli ottimisti, in Italia c’è una barca a vela ogni tremila persone. Di bestioni tipo lo yacht di D’Alema, in Italia ce n’è una ogni 51.044 persone.
Non sono dati strani, anzi.
La barca a vela ha un costo importante di acquisto, di rimessaggio, di manutenzione e di mantenimento, e in Italia il RAL si aggira sui 29.380 euro. Se una persona guadagna 1580 euro al mese tra affitto, bollette, assicurazione, figli e vacanze, non fa una brutta vita ma non si può permettere di tenere in cantiere una barca che gliene costa altrettanti.
Possiamo dire che la barca a vela è un lusso e una passione per pochi.
Ecco perché quando Oscar Farinetti ebbe la folgorante idea di 7 mosse per l’Italia venne deriso. Consisteva nel mettere 24 intellettuali e imprenditori su uno yacht carico di prelibatezze made in Italy, attraversare l’oceano concionando su come risolvere i problemi del paese e consegnare il frutto di queste elucubrazioni all’ambasciatore italiano a New York.
Su 24 anime, c’erano solo cinque donne
di cui nessuna in età riproduttiva. Tralasciando la prova che questi non sanno a cosa serve una barca a vela, tralasciando che devi essere davvero terrorizzato dalla vagina anche solo per pensare una cosa simile: 7 mosse per l’Italia doveva essere un gesto evocativo – cioè gesti che non comportano conseguenze né responsabilità – per contrastare il declino del paese.
Un gesto evocativo che colpisce 1187 persone in tutta Italia stranamente non ha funzionato.
Forse perché l’italiano gretto e materialista crede che la barca a vela serva a scopare e sbronzarsi, o forse perché Farinetti e Illy che parlano di pensioni da 600 euro al mese fa lo stesso effetto che tuffarsi nelle ortiche. Chissà. I punti che dovevano salvare l’Italia erano sette, ma due settimane in crociera tra soli maschi possono far impazzire. Quindi diventarono molti di più. Elenco i punti migliori:
- Meno politici, più politica;
- Meno sprechi, più responsabilità;
- Meno bombe, più diplomazia;
- Meno invocazioni, più vocazioni;
- Meno leggi, più disciplina;
- Meno chiesa, più Gesù;
- Meno maschile, più femminile;
- Meno merito, più estero;
- Meno scetticismo, più ingenuità;
- Meno cervello, più pancia;
- Meno profitto, più coscienza.
Ed è qui il grave problema degli aristocratici
Non hanno idea di come vivano le persone normali, di cosa sognino, di cosa vogliano, di come ragionano. Se sulla barca mettevamo Aboubakar, Ivano Ciccarelli, un medico di provincia e un marinaio sulle petroliere assieme a Franceska Jaimes, Abella Anderson, Missy Martinez e Megan Rain, allora sì avevamo un equipaggio.
Caricavi venti casse di millesimato, sette maiali già macellati, cinque casse di Caol Ila, trecento Cohiba e li mandavi in mezzo all’oceano. Le possibilità di sopravvivenza rasentavano lo 0,2% e quella di approdo in orario lo 0,0001%, ma i superstiti sarebbero stati accolti come esploratori di ritorno dall’Africa del 1800. Li avrebbero ascoltati. Sarebbero diventati personaggi pop. Chi prende sul serio 24 anziani privilegiati che salgono su una barca a vela senza droga né donne? La gente non può farlo.
Eppure erano convinti di cambiare l’Italia.
Otto anni dopo, è notizia di questi giorni che Greta Thunberg, sulla barca a vela del principe di Monaco, partirà alla volta degli USA per portare i suoi precetti di ecologia. Mentre noi idioti sudiamo freddo in fila bagaglio della Whizz Air, lei farà dirette Facebook per dirci quanto siamo antiecologici.
Sarà facile – dolorosamente facile – far presente che lo scafo della barca “a zero emissioni” su cui viaggia è di vetroresina, o che le vele e le cime sono di plastica, o altre amenità che il centrodestra adora trovare per evidenziare contraddizioni e ipocrisie. Del resto, l’unico modo per evitarle era viaggiare con l’Amerigo Vespucci – senza diesel. Ma Greta è un personaggio che mi suscita enorme compassione e non ce l’ho con lei, perché è una ragazzina sfortunata sotto molti aspetti. È il circo che le è stato costruito attorno che mi mette orrore e una discreta dose di preoccupazione. Ma è un altro discorso. Il punto è:
Una battaglia giusta con la comunicazione sbagliata è un regalo all’avversario.
E parlare di ecologia dalla barca del principe di Monaco nel momento in cui i proletari s’ammazzano per un posto finestrino Ryan air, ottenuto raschiando le monetine dai cappotti, è come Sette mosse per l’Italia: bisogna solo decidere se è più stupido o inutile.