Suicidio assistito: comitato bioetico apre, la differenza con l’eutanasia
Suicidio assistito, una parte dei membri del Comitato Nazionaler per la Bioetica ha aperto a tale possibilità. Ecco le motivazioni.
La morte di Dj Fabo aveva riaperto il dibattito sul fine vita su cui adesso si registra un nuovo interessantissimo spunto. Infatti – al fine di fare chiarezza, in maniera preliminare sull’argomento rispetto ad una eventuale legislazione in materia – il Comitato nazionale per la bioetica ha reso noto il proprio parere “Riflessioni bioetiche sul suicidio medicalmente assistito”, approvato il 18 luglio 2019.
Suicidio assistito: la differenza con l’eutanasia messa in risalto dal Comitato
Il tema del suicidio assistito è stato oggetto di analisi da parte del Comitato a seguito dell’ordinanza n. 207/2018 della Corte costituzionale, che è intervenuta sulla questione, sollevata dalla Corte di Assise di Milano con ordinanza del 14 febbraio 2018, in merito al caso di Marco Cappato e alla sospetta illegittimità costituzionale dell’art. 580 del codice penale.
Proprio nel documento il Comitato ha messo in luce la “differenza tra assistenza medica al suicidio ed eutanasia”.
Eutanasia: con il termine si fa riferimento alla infusione di un farmaco che interrompe, in maniera rapida e indolore, la vita del malato che lo richiede. A compiere il gesto di somministrare la sostanza letale è una persona terza.
Per suicidio assistito si intende la modalità di aiuto per un soggetto che lo chiede di porre fine alla propria vita. In questo caso è lo stesso paziente ad assumere un farmaco letale.
Esiste inoltre il caso dell’interruzione dei trattamenti.
Comitato Nazionale per la Bioetica: “autodeterminazione del paziente e dignità della persona”
Sul punto permane la contrarietà dell’ala cattolica mentre chi tra i membri del Comitato si è detto favorevole alla legalizzazione del suicidio assistito ha basato la propria posizione sul presupposto che “il valore della tutela della vita vada bilanciato con altri beni costituzionalmente rilevanti, quali l’autodeterminazione del paziente e la dignità della persona. Un bilanciamento che deve tenere in particolare conto di condizioni e procedure che siano di reale garanzia per la persona malata e per il medico”.
Nel testo, come riferito da Avvenire, si legge:
“Si reputa che il bilanciamento di valori favorevole all’aiuto al suicidio medicalmente assistito sia eticamente e giuridicamente legittimo perché la persona – ha diritto di preservare la propria dignità anche e soprattutto nelle fasi finali della vita”.
Tre le condizioni richieste che ricalcano in parte quanto già espresso nell’ordinanza della Corte costituzionale: 1. la presenza di una malattia grave e irreversibile accertata da almeno due medici indipendenti (uno dei quali del SSN); 2. la presenza di uno stato prolungato di sofferenza fisica o psichica di carattere intrattabile o insopportabile per il malato; 3. la presenza di una richiesta esplicita espressa in forma chiara e ripetuta, in un lasso di tempo ragionevole.
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