La tensione è sempre più alta dalle parti di Palazzo Chigi. Le fratture tra le forze che compongono l’esecutivo aumentano ogni giorno di più (l’ultima, in ordine cronologico, la divergenza sulla riforma della giustizia avanzata dal guardasigilli Alfonso Bonafede).
Se il decreto per le autonomie è un rebus ancora lontano dalla sua risoluzione definitiva (con Conte che potrebbe giocarsi la carta del tavolo con tutti i presidenti di Regione), la partita sulla tav è stata vinta dalla Lega. Lo stesso premier, in diretta, ha annunciato che avrebbe dato l’ok: volontà già trasmessa all’Unione e che pertanto attende solo l’avallo del Parlamento. Il Movimento 5 Stelle, perdendo una delle battaglie fondamentali portate avanti fin dalla sua fondazione, ha cercato di scaricarsi di ogni responsabilità. Il Partito Democratico potrebbe cercare di approfittare della tensione raggiunta tra il Movimento e il carroccio per esacerbare il contrasto in seno all’esecutivo.
Tav ultime notizie: il PD a “caccia” di Toninelli
Dagli scranni di Montecitorio e di palazzo Madama, il PD potrebbe voler spingere sulle dimissioni di Toninelli. Il pentastellato è stato, fin dagli inizi dell’esperienza del governo giallo-verde, uno dei ministri maggiormente esposti al fuoco incrociato di media, opposizione e alleato leghista. Di Maio, per ora, difende Danilo Toninelli, mentre Salvini incalza ogni volta che può l’attuale ministro per le Infrastrutture e i Trasporti. Il nuovo mantra de “l’Italia dei sì” nasce proprio in contrapposizione all’opposizione di Toninelli sull’alta velocità tra Torino e Lione. Una situazione precaria e nel quale il Partito Democratico potrebbe giocarsi le ultime carte a disposizione per fomentare la crisi di governo, prima della chiusura dei lavori (prevista per il 7 agosto).
La giocata del Partito Democratico difficilmente produrrà il risultato tanto auspicato dalle parti di via del Nazareno (Di Maio è sicuro che si andrà avanti almeno fino a settembre, almeno fino al taglio dei parlamentari). Tuttavia, sì potrebbe provocare un incremento della tensione – già altissima – tra i soci di governo.
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