Dimissioni Bugani M5S: “Non sono attaccato alle poltrone”
Le dimissioni di Bugani (M5S) rappresentano l’ennesimo fronte di crisi interna al partito pentastellato. Ecco cosa è successo
Le dimissioni di Bugani (M5S) rappresentano l’ennesimo fronte di crisi interna al partito pentastellato. Il plenipotenziario del Movimento in Emilia-Romagna e fedelissimo di Davide Casaleggio ha deciso di lasciare il suo incarico in seguito al diktat imposto dall’alto di non rilasciare più alcuna intervista. Verso metà giugno, quando Di Battista e Di Maio battibeccavano sulla linea da seguire, Bugani ha voluto richiamare tutti all’unità. Non prese le difese dell’una o dell’altra posizione in maniera netta. Una scelta costata cara a Massimo Bugani.
Il decisivo sì al passante autostradale di Bologna che fa precipitare la situazione
Il detonatore è stato però azionato dal ministro per le Infrastrutture e Trasporti, Danilo Toninelli. Il pentastellato ha dato l’ok al passante autostradale di Bologna, al quale la base pentastellata si era opposta fermamente fin dall’inizio. Un tradimento che, per i bolognesi del M5S, potrebbe essere comparata – con le dovute proporzioni – alla sconfitta sulla tav o al ripensamento sul tap. “Sembra abbiano perso di vista in questo momento il motivo e gli obiettivi per cui eravamo lì” constata Massimo Bugani.
Dopo le dimissioni, Bugani rilascia un’intervista: “non c’era più fiducia in me”
L’ok al passante autostradale di Bologna risale al 21 luglio. Da quel momento, Massimo Bugani ha riflettuto sul da farsi. E, dopo un paio di settimane, ha deciso di lasciare tutti gli incarichi non elettivi ricoperti con, e nel M5S.
“È iniziato tutto dopo la mia intervista al Fatto del 19 giugno, in cui auspicavo unità nel Movimento e sostenevo che Di Maio e Di Battista non sono alternativi ma complementari. Poche ore dopo mi chiesero di non rilasciare più interviste e non capisco perché, visto che io non volevo certo mettere in difficoltà Luigi. Ritenevo doveroso richiamare alla compattezza in un momento difficile, e invitare a non puntare il dito contro Di Battista o altri, perché le diverse anime del M5S vanno tenute assieme. Proprio in quella circostanza ho capito che il mio ruolo veniva messo in discussione e che non c’era più fiducia in me. E nel giro di qualche giorno mi hanno fatto sapere che il mio stipendio da vice-caposegreteria sarebbe stato dimezzato per contenere le spese (da 3800 a 1600 euro). Io non sono aggrappato ai contratti e allora ritengo doveroso dare anche le mie dimissioni”.
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