6 maggio, elezioni in Serbia: tanti slogan e poca sostanza
6 maggio, elezioni in Serbia: tanti slogan e poca sostanza
Vignetta satirica sulle elezioni come “illusione serba”: che si scelga il Partito Democratico o il Partito Progressista, l’esito è lo stesso, il “macello”…
Cercando quante più informazioni possibili in merito alle prossime elezioni del 6 maggio, due cose balzano velocemente all’occhio:
- La campagna elettorale per le prossime legislative è molto tesa e combattuta;
- C’è una sostanziale mancanza programmatica che accomuna la maggior parte dei partiti, rendendo difficile stabilire delle rilevanti differenze d’intenti, almeno tra i candidati principali.
[ad]Il “capovolgimento!”, così come i “cambiamenti!” (Promene!), slogan favorito dal Partito Progressista, si riferiscono apertamente a un vulnus fondamentale della Serbia di Tadić: la dilagante corruzione e opacità delle istituzioni pubbliche, e l’importanza degli agganci di partito per trovare un posto di lavoro. Mentre la disoccupazione serba, complice la crisi globale, lievitava da un già sostanziale 16% al 23% nell’arco dell’ultimo triennio, la spesa pubblica (e l’indebitamento del paese), crescevano di pari passo per creare nuovi posti di lavoro nel settore pubblico, come miope ammortizzatore e creatore di consenso sociale. Allo stesso tempo, tali incarichi, dalle poltrone più pagate agli uffici, così come gli appalti ai privati, venivano conferiti perlopiù secondo gli appoggi politici di cui disponevano i singoli cittadini. In uno spot televisivo del Partito Progressista, una giovane ragazza si chiede: “Perché ho finito l’università se oggi si trova lavoro solo tramite il partito? Ciò deve finire!“
Il Partito Socialista di Dačić, che dopo la svolta del 2008 presiede il ministero dell’interno, nel governo di coalizione postelettorale col Partito Democratico, punta ha costruirsi l’immagine di un partito europeo e di una sinistra moderna, improntata alla giustizia sociale senza rinunciare ad un’economia di mercato, e all’integrazione della Serbia nell’Unione Europea. Recentemente Dačić ha dichiarato che il voto all’SPS è un voto sicuro, in quanto sia che vincano i democratici, sia che vincano i progressisti, per formare una maggioranza di governo sarà necessario passare proprio da loro, dai socialisti. Una dichiarazione che dimostra spudoratamente il machiavellismo dei partiti, facilitato sia dalla genericità degli impegni programmatici, che dalla disponibilità dei principali leader a scendere a qualsiasi compromesso pur di ottenere il potere. Lo stesso machiavellismo che ha fatto sì che Boris Tadić per primo, come presidente della Serbia e del suo Partito democratico, si riappacificasse nel 2008, senza rendere conto né al paese né al suo elettorato, con il Partito socialista, colpevole e criminale protagonista dei più cupi anni della storia serba e regionale recente, il decennio 1990.
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