La sparatoria a El Paso è l’ennesima strage che sta venendo strumentalizzata da chiunque per le cause più disparate, in tutto il mondo. Si dibatte sulla sanità mentale, come quando un tizio entrò in un cinema vestito da Joker armato di pistole e mitragliatrici. Di queste tragedie ne abbiamo avute anche noi, a modo nostro. Tutti ricordano Luca Traini, ex esponente della Lega che si mise a girare sparando a chiunque fosse nero. Pochissimi invece ricordano le bombole di gas davanti alla scuola di Brindisi. Il movente? Il mondo è ingiusto, ce l’hanno tutti con me.
È questo, il movente di ogni strage dopo il crollo del muro di Berlino.
Togliete l’ideologia che vi piace e quella che non vi piace, scoprirete che un filo rosso accomuna i lone wolf dell’ISIS, i suprematisti, gli anarchici, i razzisti, gli estremisti: è l’autoalimentazione. Sono persone che si sono isolate e radicalizzate perché grazie a Internet era più facile che deradicalizzarsi. A ognuno di noi è capitato di sentirsi solo, è normale. Più stai solo più la tua percezione degli altri si sfasa. Cominci a credere a nemici nell’ombra, che gli amici in realtà complottino alle tue spalle e non siano granché, un sopracciglio alzato del vicino di casa diventa un giudizio, la risata per strada è per forza su di te. Lo stress si accumula, il cervello comincia a sbarellare.
E questo lo so perché ci ho perso un amico, anni fa. Nel 1996 salì su una gru e si buttò giù perché era certo tutti gli fossero contro, le ragazze lo deridessero, i genitori lo disprezzassero e Mestre… bè, Mestre è Mestre. Eppure ogni singolo nemico che credeva di avere, non esisteva. Ma lui era stato bravissimo a crearlo e ingigantirlo fino a renderlo invincibile. La solitudine è un raffreddore; capita a tutti ed è normale, ma se la trascuri può diventare polmonite.
Il meccanismo del topo
Il topo è l’animale più piccolo e debole immaginabile, e ha la fuga come meccanismo di difesa. Ma quando si trova all’angolo, si gira e cerca di morderti. L’uomo è il superpredatore ultimo, nonché la specie più letale sul pianeta, e ha lo stesso meccanismo. Quando il cervello non ce la fa più ed è sovraccarico di paranoie, si volta e colpisce. Fino all’ultimo momento è certo sia la cosa giusta da fare, perché “se lo meritano”. Non c’è una sola persona in carcere che non vorrebbe tornare indietro e darebbe ogni cosa per poter fermare sé stesso. È il movente di tante tragedie, che vanno dalla coltellata da sbronzo all’investire due ragazzini perché ti hanno risposto male. C’è chi crede il giudice lo capirà.
La cura è semplice, naturale e logica, ma faticosa
L’occidente una volta perseguiva l’evoluzione, poi l’eguaglianza, poi i soldi, poi il riscatto, poi la comodità. È il nostro nuovo Dio, il poter avere i pasti senza cucinarli, gli amici senza vederli, l’intrattenimento senza il sudore, lo stato d’umore senza la causa e la cura senza il rimedio. Ogni cosa che ci circonda ci spinge a isolarci, algoritmo di Facebook in primis. Prima dovevi obbligarti a interagire con altre persone per sopravvivere, fosse anche la cassiera del supermercato o il collega di lavoro. Oggi se non stai attento finisci in una bolla di specchi e paranoie, dove tutti sono come te, soli come te, che credono di avere lo stesso nemico che hai te. E questo lo ingrandisce fino a farti impazzire.
Non sto dicendo che non esistano persone violente, attenzione: sto dicendo che buona parte degli attentati viene fatta per solitudine, non per idealismo. L’alto ideale, la nobile vendetta, l’invasione straniera, l’avanzata fascista, sono cazzate che le persone si raccontano per giustificare azioni ingiustificabili. Non puoi convincerti a sparare a qualcuno perché è felice e tu no, o perché ha una ragazza e tu no, o perché è ricco e tu no. Il cervello non funziona così, deve prima crearsi una giustificazione plausibile. Puoi convincerti a sparare a qualcuno dicendo che è un nazista, o un terrorista, o un pericolo per la tua famiglia e la tua comunità. Allora sì riesci a premere il grilletto.
Questa è l’emergenza su cui dobbiamo lavorare ogni giorno.
Cercare di costruirci in Internet, nei social, nei media e nel mondo reale una bolla di persone diverse, non opposte, ma nemmeno complementari. Sforzarci, fare fatica, coltivarle e ascoltarle senza dar loro contro. Nessuno spreca la propria vita in attentati se sente di essere parte di una comunità differenziata ma propositiva, perché sente di essere parte di una tribù che ha un futuro.
Solo che è faticoso.