L’occupazione suolo pubblico è un reato che forse a non pochi sfugge, nei suoi esatti contorni: infatti i cittadini, negli spazi aperti alla circolazione della collettività, non sono completamente liberi di agire come vogliono, ovvero non possono decidere di occupare un’area pubblica, senza rischiare di cadere in conseguenze anche penali. Vediamole.
Occupazione suolo pubblico: quali sono le fonti normative di riferimento?
L’occupazione suolo pubblico è un illecito per il diritto, ed è sanzionato da due differenti testi normativi: Codice della Strada (all’art. 20, “Occupazione della sede stradale“) e Codice Penale (all’art. 633, “Invasione di terreni o edifici“). Peraltro, sull’ammissibilità dell’applicazione di ambo le norme, al caso dell’occupazione suolo pubblico, si è espressa positivamente la Corte di Cassazione. Questo giudice infatti, con sentenza, ha sancito che il privato che occupi (nel caso visto dalla Cassazione, un commerciante con cassette di frutta e verdura, senza la prevista autorizzazione comunale), in modo abusivo, la pubblica via o una piazza (o altro spazio riconducibile a suolo pubblico), commette una duplice violazione della legge. Anzitutto infatti, il privato occupante compie una violazione amministrativa, di cui all’art. 20 Codice della Strada, il quale ha la finalità di tutelare la circolazione stradale. Tale articolo infatti afferma che sulle pubbliche vie è vietata ogni tipo di occupazione della sede stradale, ivi compresi fiere e mercati, con veicoli, baracche, tende e simili, salvo specifica concessione in tal senso, la quale stabilisca un itinerario alternativo per il traffico, ovvero non costituisca intralcio alla circolazione. Questa disposizione inoltre, sancisce che chiunque occupa abusivamente il suolo stradale, ovvero, avendo ottenuto la concessione, non ottempera alle relative prescrizioni, è soggetto alla sanzione amministrativa (ovvero la multa) del pagamento di una somma da euro 168 a euro 674. Saranno gli appartenenti alle forze dell’ordine, i soggetti deputati a far valere l’applicazione di quanto previsto nel Codice della Strada e a contrastare il fenomeno dell’occupazione suolo pubblico abusiva.
Se ti interessa saperne di più circa la differenza essenziale tra denuncia e querela, clicca qui.
Il reato dell’occupazione di aree pubbliche e a chi può essere contestato
In verità, come accennato, la Cassazione ha affermato che, nelle circostanze dell’occupazione suolo pubblico, va applicato contestualmente anche l’art. 633 del Codice Penale, relativo all’invasione dei terreni ed edifici, e posto a tutela del diritto di proprietà. Tale disposizione afferma che: “Chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a due anni o con la multa da 103 euro a 1.032 euro. Si applica la pena della reclusione da due a quattro anni e della multa da euro 206 a euro 2.064 e si procede d’ufficio se il fatto è commesso da più di cinque persone o se il fatto è commesso da persona palesemente armata. Se il fatto è commesso da due o più persone, la pena per i promotori o gli organizzatori è aumentata“. Com’è evidente, si tratta di una disposizione di legge molto chiara ed esaustiva, che non ha bisogno di particolari parafrasi o spiegazioni. Per l’occupazione suolo pubblico, è prevista anche la pena della reclusione e una sanzione pecuniaria più alta rispetto a quella del Codice della Strada, e soprattutto si tratta di un cosiddetto reato comune, vale a dire che può essere commesso da chiunque. Inoltre è contestabile, però, soltanto attraverso autonoma iniziativa con querela della persona offesa.
Segui Termometro Politico su Google News
Scrivici a redazione@termometropolitico.it