È morto Fabrizio Piscitelli, storico capo ultrà Lazio noto anche come Diabolik. Con precedenti nel narcotraffico, Piscitelli è stato ucciso da un misterioso killer vestito da runner che gli avrebbe sparato in testa, di spalle, nei pressi del Parco degli Acquedotti. Piscitelli aveva 53 anni ed era noto alla giustizia: proprio al traffico di droga, e più precisamente a un regolamento di conti, sembrano ricondurre le prime ricostruzioni dell’accaduto. A dare l’allarme è stato un passante testimone del delitto.
Fabrizio Piscitelli è stato ucciso: la ricostruzione
La cronaca di Roma si tinge di nero e rosso sangue nell’afoso pomeriggio di mercoledì 7 agosto 2019, sullo scenario del Parco degli Acquedotti. Fabrizio Piscitelli è stato ucciso con un colpo alla nuca, sparato da una pistola calibro 7,65. Al momento dell’agguato, l’ex capo degli Irriducibili era seduto su una panchina, in via Lemonia, non distante da dove abitava: erano le 18.50, quando un runner gli si è avvicinato e gli ha sparato. A vedere tutto un passante, che ha rivelato come il killer fosse vestito da runner per confondersi tra quelli che fanno jogging e che l’assassinio è avvenuto di spalle.
I precedenti di Piscitelli
Come abbiamo scritto sopra Piscitelli era già noto alle forze dell’ordine. A gennaio 2015, infatti, il suo nome figurava tra quelli dei capi ultrà che avevano tentato la scalata alla società della Lazio, venendo condannato a 3 anni e 6 mesi. Nella vicenda era stato coinvolto anche Giorgio Chinaglia, per conto di un gruppo farmaceutico ungherese. L’acquisto della Lazio da parte di quest’ultima azienda sarebbe avvenuto dopo una campagna diffamatoria nei confronti del presidente della società, Claudio Lotito.
Un anno più tardi il nome di Piscitelli tornò fresco sotto gli occhi delle forze dell’ordine, visto che gli furono sequestrati 2 milioni di euro a seguito delle indagini della Direzione Distrettuale Antimafia, a causa di un traffico di sostanze stupefacenti internazionale provenienti dalla Spagna. Già nel 2014, comunque, Piscitelli era finito al centro di un’inchiesta che lo aveva identificato come evasore, visto il numero di beni mobili e immobili in suo possesso a fronte di scarne dichiarazioni dei redditi: prova evidente che avevano condotto a un sequestro preventivo dei suoi beni, comprese alcune partecipazioni societarie.
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