Si fa sempre più duro lo scontro tra India e Pakistan. Il conflitto, finora solo diplomatico, è iniziato con la decisione indiana dello scorso 5 agosto di revocare lo status speciale alla regione del Jammu e Kashmir. L’area, unica entità amministrativa del paese a maggioranza musulmana, è epicentro del duraturo conflitto che oppone da decenni Nuova Delhi e Islamabad. Lo stato autonomo di Jammu e Kashmir è ora stato diviso in due nuovi territori federali, quello di Jammu e Kashmir e quello di Ladakh, entrambi sotto completo controllo di Nuova Delhi.
Il governo centrale indiano ha inoltre sospeso, sempre domenica scorsa, la possibilità di comunicazione telefonica e l’accesso ad internet nella regione, impedendo contestualmente la possibilità di indire manifestazioni. L’agenzia Reuters afferma, citando fonti locali, che la polizia indiana ha effettuato l’arresto di circa 300 tra politici e attivisti separatisti nelle prime ore seguenti all’annuncio.
Il Pakistan in risposta ha espulso l’ambasciatore indiano dal paese, bloccando inoltre la partenza del suo nuovo ambasciatore verso l’India. Nuova Delhi ha reagito a sua volta, chiedendo a Islamabad di fare un passo indietro: la questione sarebbe un affare interno al paese e che il Pakistan non è tenuto ad interessarsi alla vicenda. Centinaia di agenti e di paramilitari sono stati dispiegati nella principale città della regione, Srinagar, al fine di assicurare la stabilità e prevenire l’esplosione di rivolte. Chiuse le scuole fino almeno al 9 agosto.
Le ragioni dietro la svolta di Nuova Delhi
“La costituzione del paese sarà applicata integralmente” ha dichiarato il ministro dell’Interno Amit Shah, fedelissimo di Modi. Ciò significa che la possibilità di legiferare in maniera autonoma da parte della regione, consentita dall’articolo 370 della Costituzione indiana, è revocata. Lo sviluppo della regione, una delle più militarizzate al mondo, diventa compito esclusivo del governo di Nuova Delhi.
Tra le prime conseguenze, la possibilità anche per abitanti non residenti nell’area di comprare terreni e proprietà immobiliari nella zona. Questo favorirà, nelle intenzioni di Nuova Delhi, lo sviluppo nella regione himalayana grazie all’ondata di investimenti futuri da parte indiana. A sua volta il Pakistan ha sospeso le relazioni commerciali con l’India e interrotto, nella giornata di giovedì, anche il traffico ferroviario verso il vicino. Per Islamabad, come dichiarato dal premier Imran Khan, la decisione indiana viola una serie di risoluzioni Onu e il Pakistan si batterà contro gli atti illegali compiuti dal vicino.
La paura degli abitanti della regione è invece che l’India possa alterare la composizione demografica della regione, inviando migliaia di uomini e donne di religione hindu nell’area. La riproposizione di una politica simile a quella cinese nella regione dello Xinjiang, anch’essa a maggioranza musulmana, è vista come un incubo.
Kashmir, storia e attualità del conflitto tra India e Pakistan
Da sempre il conflitto sulla regione, abitata in stragrande maggioranza da musulmani, è stato foriero di tensioni. Queste si sono sviluppate contemporaneamente al processo di indipendenza del subcontinente indiano dalla Gran Bretagna, datato 1947. Due delle tre guerre combattute negli ultimi decenni tra i due stati, entrambi potenze nucleari, hanno avuto la situazione nella regione come dinamo. Negli ultimi trenta anni decine di migliaia di persone hanno perso la vita nel tentativo di avviare un processo di secessione della regione dall’India.
La retorica nazionalista che da sempre contraddistingue Modi vede nel Kashmir uno dei principali argomenti. Anche nel corso dell’ultima campagna elettorale indiana Narendra Modi aveva utilizzato il tema per rafforzare la propria immagine. Ram Madhav, segretario generale del BJP, il partito al governo, ha definito il 5 agosto “una giornata gloriosa”. Molti parlamentari dell’opposizione, uscita fortemente sconfitta alle ultime elezioni politiche, si sono scagliati contro la decisione di Modi.
Il conflitto ha anche connotazioni geopolitiche. Il Pakistan è sempre più alleato della Cina, verso cui è fortemente indebitato e a cui ha concesso anche la costruzione del porto di Gwadar, terminal strategico nel progetto delle Nuove Vie della Seta. L’India è invece sempre più legata agli Stati Uniti, facendo parte del gruppo di paesi designati da Washington al contenimento della potenza cinese insieme ad Australia e Giappone.
Il segretario generale dell’ONU Guterres ha chiesto alle parti di avere moderazione e di ricercare una soluzione politica. Da segnalare come lo scorso 3 agosto Khan avrebbe proposto a Washington di mediare nel conflitto. In passato si erano anche diffuse alcune voci, poi smentite, per le quali l’India stessa potesse apprezzare un ruolo Usa in questo senso. Vedremo se gli appelli degli stessi Stati Uniti alla calma, e le attività diplomatiche delle prossime ore, porteranno ad un abbassamento della tensione.
Segui Termometro Politico su Google News
Scrivici a redazione@termometropolitico.it