Conto corrente all’estero: tassazione, obblighi e rischi
Aprire un conto corrente all’estero è un’operazione perfettamente legale, a patto di rispettare la legge. Ma conviene davvero? Vediamo pro e contro.
In tempi di crisi cresce la paura nei confronti del futuro dei propri risparmi. E allora si guarda all’estero, in Paesi con una migliore stabilità finanziaria, dove poter aprire un conto corrente o un conto deposito con la convinzione di una maggiore sicurezza. Il pensiero comune vira così nei confronti di una tutela della nostra liquidità, al riparo da eventuali prelievi forzosi. La situazione politica attuale italiana fa emergere spesso sui media termini che possono destare preoccupazione. Il timore (realistico o meno) è quello di una nuova crisi, peggiore anche di quella del 2011. La crescita dello spread, la bocciatura da parte delle agenzie di rating, proclami di una Italexit sono tutti scenari che periodicamente ritornano (nel momento in cui scriviamo non è comunque il caso) e ci fanno pensare ai nostri soldi “ospiti” della propria banca di fiducia. Ma in una situazione come quella sopra descritta, il rischio di passare da ospiti a “ostaggi” può essere più elevato.
Al di là di ogni previsione pessimistica, l’idea di trasferire i soldi in un conto europeo è legittimata anche dall’idea che i rendimenti possono essere più alti. Quello che ci si chiede è se i nostri soldi detenuti in un conto estero siano ugualmente soggetti a imposta di bollo o a un particolare regime fiscale. Insomma, ne vale la pena? Conviene davvero aprire un conto corrente in un Paese estero?
Conto corrente all’estero: il regime fiscale
Iniziamo subito a elencare gli adempimenti e gli obblighi che si è tenuti a rispettare nell’eventualità di un trasferimento di soldi a un conto corrente estero. E precisiamo subito che tali obblighi si rivolgono solo ed esclusivamente a soggetti che abbiano la residenza fiscale in Italia. Infatti, se si ha la residenza altrove e dunque altrove si pagano le tasse, bisognerà essere soggetti al regime fiscale vigente di quel Paese. Chi invece detiene la residenza fiscale in Italia, ma ha attività finanziarie o conti correnti e conti deposito all’estero, deve rispettare certe regole fiscali, contravvenendo le quali andrebbe incontro a sanzioni pecuniarie importanti.
L’apertura di un conto corrente o conto deposito all’estero è un’operazione legale, presupponendo che il trasferimento di soldi dal conto italiano a quello estero sia tracciabile. La tracciabilità è un fattore fondamentale da considerare ai fini antiriciclaggio, nell’ottica del monitoraggio delle attività patrimoniali e finanziarie detenute all’estero. Chi ritiene che mettendo “al sicuro” i soldi in un conto corrente estero questi non siano soggetti a tasse, ma solo a rendimenti più alti, deve sapere che sulle somme tenute all’estero bisogna rispettare alcuni adempimenti obbligatori.
La tassazione e gli adempimenti
Il primo obbligo riguarda il versamento dell’Ivafe, ovvero l’Imposta sul valore delle attività finanziarie. L’imposta viene calcolata sul valore dei prodotti finanziari e a partire dal 2014 è al 2 per mille. Come riporta l’Agenzia delle Entrate nella sua guida di riferimento, “per i conti correnti e i libretti di risparmio detenuti all’estero l’imposta è stabilita nella misura fissa di 34,20 euro per ciascun conto corrente o libretto di risparmio detenuti all’estero”. Quindi, anche trasferendo i soldi da un conto italiano a uno estero si sarà soggetti all’imposta di bollo dovuta sulle giacenze medie superiori a 5 mila euro. Infatti, tale tassa non va pagata qualora la giacenza media annua sia inferiore a 5.000 euro. Per i conti correnti il cui valore massimo complessivo sia superiore a 15.000 euro, scatta anche l’obbligo di compilazione del Quadro RW sulla dichiarazione dei redditi annuale. L’obbligo vige anche in caso di Ivafe dovuta.
Cosa s’intende per valore massimo complessivo? Significa che l’obbligo di compilazione del quadro RW scatta nel momento in cui il conto corrente supera la soglia di 15000 euro, anche solo per un giorno, a prescindere dalla giacenza media.
Conto corrente all’estero: i rendimenti
In merito ai rendimenti bisogna fare un discorso differente. Se infatti si dovesse scegliere di aprire un conto in un Paese europeo, si potrebbero avere rendimenti più alti rispetto all’Italia, ma è anche vero che le differenze non sono così esagerate e i sistemi legislativi e bancari all’interno dell’Ue sono piuttosto similari. Differente il discorso se si guarda in un Paese extra-europeo, dove è possibile ottenere anche rendimenti elevati. Tuttavia, in questo contesto bisogna guardare anche l’altra faccia della medaglia, perché spesso a rendimenti elevati sono associati rischi da considerare per effettuare la propria scelta con cognizione di causa. Può infatti capitare che il rendimento alto possa essere associato a una situazione finanziaria del Paese non così stabile, il cui livello di rischio, di default ad esempio, sia alto. Inoltre bisogna ricordare che nei paesi dell’Unione europea vige lo stesso criterio di salvataggio per le somme non superiori a 100 mila euro, proprio come avviene in Italia, in caso di crisi della banca.
Quanto scritto sopra ci porta alla conclusione che chi vuole sfuggire alle imposte di bollo e ottenere rendimenti più alti dalle somme depositate all’estero, deve analizzare bene pro e contro del Paese (non Ue) in cui vuole trasferire la propria liquidità. Considerando non solo i vantaggi più evidenti (il rendimento promesso), ma anche il fattore di rischio.
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