Conto corrente cointestato: saldo sequestrato per intero, si può fare?
Ultime notizie sul conto corrente cointestato, con la sentenza della Corte di Cassazione che ha riguardato il sequestro del saldo.
Nell’eventualità di un conto corrente cointestato e di un reato tributario commesso da uno dei titolari del conto stesso, il saldo intero può essere messo sotto sequestro, anche se la maggior parte di quest’ultimo (o anche il totale) sia in realtà appartenente all’altro titolare, ovvero a colui che non ha commesso alcun reato di tipo tributario. A stabilirlo è stata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 29079 dello scorso 3 luglio. La decisione è stata presa sulla base della natura del conto corrente cointestato, sul quale è possibile operare senza limiti sulla piena disponibilità del saldo.
Conto corrente cointestato e sequestro saldo: l’art. 321 del codice di procedura penale
Per spiegare e comprendere meglio quanto sopra esposto, occorre fare riferimento alla normativa di merito. In particolare all’articolo 321 del codice di procedura penale, che tratta l’oggetto del sequestro preventivo e recita quanto segue. “Quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati, a richiesta del pubblico ministero il giudice competente a pronunciarsi nel merito ne dispone il sequestro con decreto motivato”. Inoltre, “il giudice può altresì disporre il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca”. Proprio questo punto era stato preso come oggetto del ricorso in Cassazione da parte del contitolare “innocente” (il padre di un soggetto) del conto corrente, perché il tribunale aveva mal interpretato il concetto di disponibilità dei beni sottoponibili a sequestro.
Conto corrente cointestato e sequestro saldo: cosa dice la normativa civile
Gli altri due riferimento normativi riguardano gli articoli 1289 e 1834 del Codice Civile. Il primo riguarda la impossibilità colposa di una delle prestazioni. Ecco cosa stabilisce: “Quando la scelta spetta al debitore, l’obbligazione alternativa diviene semplice, se una delle due prestazioni diventa impossibile anche per causa a lui imputabile. Se una delle due prestazioni diviene impossibile per colpa del creditore, il debitore è liberato dall’obbligazione, qualora non preferisca eseguire l’altra prestazione, e chiedere il risarcimento dei danni”. Inoltre, “quando la scelta spetta al creditore, il debitore è liberato dall’obbligazione, se una delle due prestazioni diviene impossibile per colpa del creditore, salvo che questi preferisca esigere l’altra prestazione e risarcire il danno. Se dell’impossibilità deve rispondere il debitore, il creditore può scegliere l’altra prestazione o esigere il risarcimento del danno”.
L’articolo 1834 del Codice Civile riguarda invece i depositi di denaro. “Nei depositi di una somma di denaro presso una banca, questa ne acquista la proprietà ed è obbligata a restituirla nella stessa specie monetaria, alla scadenza del termine convenuto ovvero a richiesta del depositante, con l’osservanza del periodo di preavviso stabilito dalle parti o dagli usi. Salvo patto contrario, i versamenti e i prelevamenti si eseguono alla sede della banca presso la quale si è costituito il rapporto”.
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Conto corrente cointestato: il saldo è disponibile interamente per l’indagato
Dopo aver citato la normativa civile in materia, il caso trattato dalla Cassazione ha distinto i rapporti dei contitolari del conto tra interni ed esterni. Infatti, come precisa FiscoOggi, “gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto, cosicché gli stessi possono disporre di tutte le somme esistenti a saldo su tale conto. Solamente al loro interno i rapporti tra i correntisti sono regolati dall’articolo 1298, comma 2, del codice civile”, per il quale il debito e il credito vanno divise in quote uguali tra i due titolari. La piena operatività sul saldo attivo fa sì che anche l’intero saldo stesso sia sottoponibile a sequestro, poiché si trova esattamente nella disponibilità del soggetto che ha commesso un reato tributario. Permane tuttavia la possibilità di dimostrare che tutte le somme depositate appartengono al soggetto estraneo al reato in parte maggiore rispetto a quella egualitaria alla base del principio di cointestazione del conto.
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