Vediamo di seguito il cosiddetto diritto di ripensamento, un fattore assai significativo a favore del consumatore che ha acquistato un certo bene o stipulato un determinato contratto con un fornitore di servizi. Da chiarire i tempi massimi entro cui esercitare tale diritto, gli eventuali costi e l’iter da intraprendere.
Diritto di ripensamento: di che si tratta e in quali circostanze può essere esercitato
Anzitutto chiariamo cos’è il diritto di ripensamento, onde non cadere in fraintendimenti o equivoci. Come anticipato il diritto di ripensamento costituisce una garanzia per il consumatore, che se ne avvale per rescindere o sciogliere un precedente accordo con la controparte.
La legge, però, non consente l’esercizio di questo diritto in ogni possibile circostanza concreta. È necessario, infatti, che l’acquisto del bene o del servizio sia effettuato “a distanza”, vale a dire non all’interno di un esercizio commerciale oppure nelle sedi di competenza dell’azienda che sottoscrive il contratto di fornitura servizi. La ragione di tale specifica prescrizione di legge è semplice da cogliere: fuori dal locali commerciali o quando si stipulano contratti a distanza, non è il consumatore che decide di fare acquisti (entrando in negozio), ma l’acquisto molto spesso gli è proposto, in modo assai persuasivo. Il compratore, insomma, si ritrova tante volte senza la lucidità tipica di chi entra ed acquista all’interno di un’attività commerciale. La probabile scarsa attenzione o distrazione del compratore a distanza è però controbilanciata dal diritto di ripensamento.
Effetti e costi di esercizio del diritto
Con il diritto in esame, il consumatore può quindi annullare il patto o il contratto di vendita o fornitura. Conseguentemente il consumatore potrà ottenere la restituzione di quanto eventualmente versato e restituire, da parte sua, la merce eventualmente spedita a casa o comunque ricevuta. Per quanto riguarda i costi, esclusivamente quelli di restituzione di quanto eventualmente già ricevuto, sono a carico del consumatore. Pertanto si tratta di una procedura mirata a non gravare (ingiustamente) sulle finanze del cittadino.
Ricapitolando, tale diritto di ripensamento può essere esercitato con dichiarazione espressa unilaterale del consumatore e senza dover dare spiegazione di ciò; senza alcuna penale o sanzione prevista dall’accordo disatteso; e soprattutto senza costi specifici.
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Tempi e modalità di esercizio del diritto
Dal punto di vista temporale, il diritto di ripensamento è una facoltà concessa al consumatore, che consente, appunto, di ripensare alla scelta fatta (e tornare sui propri passi) entro 14 giorni dalla sottoscrizione di un contratto (esclusivamente se questo – come accennato – è stato sottoscritto fuori dagli uffici della controparte e si è ricevuta la copia del documento).
Circa le modalità per esercitare il ripensamento sull’acquisto di beni o sulla fornitura di servizi, è necessario dichiarare espressamente la propria volontà in tal senso, attraverso l’invio di un modulo all’altro contraente. Preferibile servirsi di una una raccomandata con ricevuta di ritorno, al fine di essere sicuri che la propria volontà sia conosciuta dal venditore o fornitore. Pertanto, ricevuta la raccomandata di ritorno, si può considerare esercitato correttamente il diritto di ripensamento e sciolto il contratto. Laddove il consumatore non riesca, comunque, ad ottenere la restituzione di quanto versato, non resterà che rivolgersi ad un giudice.
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