Le figure di rappresentanza sono fondamentali in ogni gruppo o pluralità di persone. Anzitutto, nell’organizzazione della famiglia, il rappresentante è una figura rilevante e necessaria, affinché il nucleo familiare stesso prenda decisioni determinanti, risolvendo eventuali contrasti di opinione. Vediamo allora chi è a che cosa effettivamente serve.
Rappresentante famiglia 2019: il contesto di riferimento
La legge italiana, molti decenni fa, concepiva il marito come l’inequivocabile “capo famiglia”; era infatti questa figura a fare le scelte che riteneva più opportune per moglie e prole, senza possibilità che la moglie potesse legittimamente obiettare alcunché. Nel tempo, però, intervenne la Corte Costituzionale, la quale ha fissato la parità di diritti tra i due coniugi e genitori. Infatti, oggi, nel linguaggio del Codice Civile, non si parla più di patria potestà, bensì di potestà genitoriale: termini volutamente meno specifici, onde sottolineare che i doveri in merito alla gestione dei figli, spettano in egual misura a moglie e marito. In altre parole, ciascuno dei due deve ritenersi rappresentante famiglia.
Potrebbe però capitare che, in questa situazione di parità, marito e moglie abbiano opinioni opposte su una scelta per la coppia o per i figli. In via generale, in queste circostanze, è il giudice a risolvere il nodo, stabilendo con autonoma decisione, quale delle due tesi è maggiormente efficace per coppia e figli.
Amministrazione ordinaria e straordinaria del patrimonio
Il tema della gestione dei beni del patrimonio è legato a quello del rappresentante famiglia, solo con riguardo al regime di comunione dei beni. In caso invece di separazione dei beni, ogni coniuge è libero di amministrare i propri beni e resta proprietario esclusivo di quanto ha comprato. Per ciò che attiene al regime di comunione, la distinzione fondamentale è tra ordinaria e straordinaria amministrazione, con riflessi sul ruolo del rappresentante famiglia. In sintesi, per amministrazione ordinaria la legge intende tutti gli atti mirati alla conservazione, manutenzione e recupero dei beni. Per amministrazione straordinaria, invece, si fa riferimento agli atti che comportano il rischio di una diminuzione del valore del patrimonio (come, ad esempio, gli atti di compravendita o la concessione di un’ipoteca). Per quanto riguarda gli atti di ordinaria amministrazione, il rappresentante famiglia è ciascun coniuge, il quale quindi può agire anche in modo distinto e separato, senza la collaborazione o l’attività anche dell’altro. Ciò è sancito dal Codice civile che, in modo inequivocabile, afferma che ogni coniuge, singolarmente, può esercitare tutti gli atti di ordinaria amministrazione dei beni della comunione.
Nelle ipotesi di amministrazione straordinaria (in regime di comunione legale dei beni), gli atti relativi sono compiuti da entrambi i coniugi. Ciò ad esempio per la locazione di un immobile o per la sua vendita, o ancora per gli atti che vogliono la forma solenne (come la donazione). Insomma in queste circostanze, è necessaria la firma di entrambi, in quanto operano congiuntamente come rappresentanti della famiglia.
Rappresentanza e figli
La rappresentanza segue regole molto simili, con riferimento alla gestione dei figli. Pertanto, per gli atti di ordinaria amministrazione verso i figli (ad esempio portare il figlio a scuola), provvede il singolo genitore. Mentre per gli atti di straordinaria amministrazione, è necessario il consenso di tutti e due (ad esempio l’autorizzazione ad un viaggio con la scuola).
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