Per quindici giorni ho evitato di guardare telegiornali, leggere quotidiani, aprire agenzie, consultare hashtag, social o email. I miei soli contatti umani sono stati mia moglie, i commessi dei supermercati e gli amici che mi scrivevano “hai visto cos’è successo? Hai visto cos’ha detto? Hai letto quest’articolo?” e io che gli rispondevo postando panorami.
Stamattina rientro e scopro che, tanto per cambiare, al governo è successo qualcosa di storico, di mai visto prima, e giù la solita raffica di pronostici catastrofici, editoriali isterici, Mattarella, gli alieni, Maduro, notizie che riportano bufale che riportano fake news, Trump. Quindici giorni lontano dagli organi d’informazione e sono sopravvissuto a invisibili bombe d’aria, d’acqua, di caldo, inferni in autostrada, MVSN che per le strade, apocalissi climatiche, complotti.
Mi viene in mente Duccio di Boris, quando spiega a Biascica come ha sconfitto l’ansia. Poi ripenso al libro “Sicurezza e libertà” di Minniti, dove scrive che non si può tenere una nazione costantemente sull’orlo di una crisi di nervi. Con la pelle ancora incrostata di salsedine e i libri che puzzano di crema solare, non sono stressato al rientro in ufficio: sono incredulo dal livello di alienazione isterica che mi circonda. Ogni ora è “decisiva”, ogni coda un “assalto”, ogni evento “gravissimo”.
Sono stato via 15 giorni e salta fuori che Il Re leone è una storia fascista. Non sto dicendo l’attualità non sia importante, ma non possiamo descrivere e discutere l’elezione del partito opposto al nostro con le stesse parole e toni dell’invasione della Polonia o dell’omicidio dell’Arciduca Ferdinando. Quante volte può trapassare, quel simpatico vecchietto?
Ho perso copiosi lettori quando scrissi che no, Salvini non avrebbe abolito il diritto di voto né vietato gli assembramenti superiori alle tre persone; mi insultarono dicendo che ero filogovernativo e che dai, era evidente, il fascismo era tornato e questo governo di ultradestra avrebbe reintrodotto le leggi razziali e sarebbe durato per vent’anni fino alla guerra civile. Invece è durato meno dell’Andreotti VII ed è ancora possibile schiavizzare immigrati nei campi di pomodori o sottopagare le badanti.
A questo punto mi domando se e come sia possibile abbassare il tono della narrazione, dato che in queste condizioni siamo stati trasformati in cani di Pavlov che appena leggono le keyword attaccano a tremare e sbavare sulla tastiera. Forse è l’effetto delle ferie e quello strano paradosso che si porta dietro – ero normale prima o sono normale adesso? – ma mi è venuto in mente che il problema risieda nella velocità.
Se vedo due poliziotti camminare non alzo nemmeno il sopracciglio, se li vedo correre sì. Un giornalista deve per forza essere sempre aggiornato, sapere ogni cosa che lo circonda per rilanciare la notizia il prima possibile, e il susseguirsi frenetico di informazioni lo rende isterico; gli stati d’animo si trasmettono volenti o nolenti in quello che scriviamo, ed ecco perché un temporale estivo diventa una bomba d’acqua.
Ma magari è l’effetto delle ferie, e tra una settimana anch’io tornerò isterico a gridare che l’Italia è sull’orlo del baratro.