Brexit ultime notizie: il premier britannico Boris Johnson ha richiesto alla regina Elisabetta II di consentire la cosiddetta prorogation dei lavori della Camera dei Comuni, il parlamento britannico. La Regina, come da prassi costituzionale, ha poi avallato la richiesta del premier.
Brexit ultime notizie: stop ai lavori del Parlamento
Nei fatti, questo si traduce in uno stop ai lavori della Camera dei Comuni per circa cinque settimane. La Camera dovrebbe riaprire il prossimo 14 ottobre, con il classico discorso programmatico della Regina sulle attività del governo in carica. Ciò a soli 17 giorni dalla deadline fissata per l’uscita di Londra dall’Unione Europea.
È la prima volta che una sospensione ha una durata così lunga cui l’aula non può opporsi con il voto. Obiettivo della decisione di Johnson, negato dal premier, sembra quello di ridurre i tempi a disposizione dei parlamentari per delineare una strategia capace di evitare una Brexit no deal. Questo esito è da sempre quello preferito da Johnson, fiero sostenitore di una Brexit dura e avverso ad ogni concessione all’Unione Europea. Il suo motto sul tema “Do or die!” inizia dunque ad assumere una forma definita, per quanto Johnson abbia motivato la sua decisione con la volontà di mettere in pratica la sua agenda politica su temi quali la sanità e la sicurezza.
Prorogation, le reazioni alla mossa di Johnson
Le reazioni non si sono fatte attendere. Jeremy Corbyn, leader del Partito Laburista, ha definito la decisione un “agguato alla democrazia”. Corbyn, a favore di un secondo referendum e di qualunque alternativa al no deal, ha ottenuto l’appoggio implicito anche dello speaker del parlamento britannico, John Bercow. Questi ha definito la mossa di Johnson un oltraggio alla costituzione. Il Partito Liberaldemocratico ha definito “antidemocratica” la decisione del premier.
Per Nicola Sturgeon, guida degli indipendentisti scozzesi dello Scottish National Party, Johnson sarebbe un “dittatore in miniatura”. A reagire, oltre ai leader partitici, sono stati anche circa 160 parlamentari. Questi, riunendosi a Westminster si sono detti impegnati a formare un Parlamento alternativo nel caso in cui la prorogation non venga revocata.
Durissimi anche i quotidiani inglesi. L’Indipendent ha titolato oggi “The Johnson Coup” sottolineando come Johnson sia un premier non eletto dai cittadini. Sulla stessa linea il Guardian. A favore di Johnson si è mostrato invece il Daily Telegraph, che ha ospitato per anni articoli euroscettici e pro-Brexit dell’attuale premier da Bruxelles e Strasburgo. Ma è un caso isolato. Perfino il moderatissimo Financial Times ha invitato i parlamentari a calendarizzare un voto di sfiducia, che possa portare in breve tempo a nuove elezioni. I mercati finanziari sono infatti in allarme: la sterlina è in grande ribasso.
Brexit ultime notizie: possibile, ma difficile, un ritorno alle urne
Riguardo alla possibilità di un nuovo voto si è detto favorevole Nigel Farage, trionfatore alle ultime elezioni europee con il suo Brexit Party. Farage sa infatti che, in questo scenario, per la formazione di nuovo governo dovrebbero essere risolti i dissidi che attraversano attualmente le forze di opposizione. Un nuovo governo dovrebbe vedere l’accordo tra forze differenti come i laburisti e i liberaldemocratici. Senza pensare al ruolo e alle volontà politiche dei partiti scozzesi e nordirlandesi. Un puzzle complicato.
Non a caso Corbyn ha dichiarato prioritario, dal 3 settembre in poi, giorno in cui riaprirà il Parlamento, intensificare i lavori. Obiettivo, eliminare attraverso il processo legislativo la possibilità di una Brexit no deal. Il tempo è poco: la Camera, come da richiesta di Johnson, chiuderà il 9 o al più tardi il 12 settembre. Bisognerà vedere se il poco tempo a disposizione dovuto alla mossa di Johnson convincerà alla fine i partiti a sfiduciare l’attuale premier, convocando a quel punto gli elettori non oltre i primi di Ottobre.
Il precedente storico e la rabbia della piazza
Johnson ha deciso di utilizzare una sua prerogativa, che ha però un precedente storico non di buon auspicio, ricordato da molti analisti. Ovvero la decisione di Carlo I Stuart, re d’Inghilterra e Scozia, di mandare soldati in aula ad arrestare alcuni parlamentari troppo in contrasto con le volontà della Corona. Qualche anno dopo, il monarca venne decapitato dalla rivolta parlamentare guidata da Oliver Cromwell.
Non è sicuramente questo il destino che attende Johnson, anche se a qualcuno dell’oltre un milione di firmatari di una petizione contro la decisione del premier probabilmente non dispiacerebbe. Si tratta della petizione più appoggiata della storia britannica dopo quella che chiedeva la revoca all’allora premier Theresa May della decisione di attivare l’articolo 50 dei Trattati UE finalizzato alla Brexit. Il testo venne firmato da quasi 6 milioni di britannici.
Intanto, migliaia di persone si sono messe ieri in marcia contro la decisione di Johnson a Londra. Diverse centinaia invece in città come Manchester, Cardiff, Birmingham, Liverpool, Bristol, Cambridge, Edimburgo. A muoversi anche i sindacati e realtà di professionisti come la British Medical Association, per la quale il no deal porterebbe a enormi problemi nel campo della sanità, a partire dalla possibile scarsità di medicinali necessari alla tenuta del sistema sanitario britannico.
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