Brexit ultime notizie: Boris Johnson all’angolo
Brexit ultime notizie: sempre più lontana l’ipotesi di un no deal. Non tutti vogliono le elezioni. Faida in corso nel Partito Conservatore.
Brexit ultime notizie: è notte fonda per Boris Johnson, dopo le ultime giornate di passione in Parlamento. Infatti, la Camera dei Comuni nella giornata di ieri ha approvato l’avvio della discussione di una cosiddetta “legge anti-no deal”. A partire dalla quale, entro venerdì, i deputati si impegneranno a spostare di almeno 3 mesi la deadline per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.
Ciò vanificherebbe definitivamente la possibilità di una Brexit no deal prima del 31 ottobre. A meno che, come prevede il “Benn bill”, dal nome del suo promotore, non si riesca a trovare un accordo con Bruxelles. Ipotesi decisamente improbabile con questo governo in carica, anche considerando l’intransigenza dell’Unione nel non voler modificare l’accordo raggiunto nel 2018 tra May e Barnier. Quest’ultimo ha definito “in stato di paralisi” la fase attuale dei negoziati.
Brexit ultime notizie: si allontanano le elezioni anticipate
Tutto è stato possibile grazie al cambio di maggioranza de facto avvenuto alla Camera dei Comuni, dove i voti contrari all’ipotesi di un no deal sono stati 329, contro i 300 che hanno appoggiato la posizione di Johnson. La forzatura di chiudere il Parlamento, voluta fortemente dal premier, si è evidentemente ritorta contro lo stesso Johnson, che ha ricompattato le forze di opposizione contro la sua linea dura.
Inoltre, Johnson non è riuscito nemmeno nel suo piano di convocare a breve elezioni anticipate. Fallendo nel tentativo di ottenere il necessario appoggio dei due terzi dei membri del Parlamento, come previsto dal Fixed Term Parliaments Act del 2011. Se prima sembrava che il ritorno al voto fosse scontato, i passi indietro del leader laburista Corbyn sul tema sono stati decisivi a vanificare il piano di Johnson.
Corbyn infatti vuole evitare la trappola tesagli dall’attuale premier, ottenendo prima il rinvio almeno al 31 gennaio della decisione finale sulla Brexit, e poi eventualmente andando alle urne. Johnson avrebbe invece voluto portare subito il paese al voto (anche il 15 ottobre), essendo favorito nei sondaggi, per poi poter immediatamente ottenere il no deal da un Parlamento tornato a lui affine.
Il Partito Laburista ha affermato che non darà il via libera ad elezioni prima del 31 ottobre, ovvero dopo aver ufficializzato il rinvio della Brexit. La mossa potrebbe regalare ai laburisti anche la possibilità di attaccare Johnson sull’esito del vertice con la UE del prossimo 17 ottobre, dove è molto difficile che l’inquilino del numero 10 di Downing Street possa ottenere risultati. La reazione di Johnson è stata dura: ha accusato Corbyn di voler impedire alle persone di votare.
Brexit: Conservatori in crisi
Il Partito Conservatore esce ancor più spaccato spaccato dopo tali eventi, con il premier che ha dato seguito alla promessa di espellere dal Partito i deputati dissidenti. Si parla di 21 figure, tra cui l’ex Cancelliere dello Scacchiere Philip Hammond e Nicholas Soames, nipote di quel Winston Churchill tanto amato proprio da Johnson. Purghe definite “staliniste” da Simon Hoare, uno degli espulsi. Perfino il fratello di Johnson si è dimesso dal suo ruolo di viceministro nell’esecutivo attuale.
A beneficiarne soprattutto il Partito Liberaldemocratico di Jo Swinson che ha già aumentato di due elementi il proprio gruppo parlamentare. Ma anche il Brexit Party, che potrebbe cannibalizzare i Tories in caso Johnson uscisse sconfitto dalla guerra parlamentare in atto. Nel pomeriggio Johnson dovrebbe chiedere nuovamente nuove elezioni, affidando ai media un appello al sostegno popolare della sua opzione.
I guai per Johnson non si fermano qui. Una richiesta urgente di un controllo giurisdizionale rispetto alla decisione di “chiudere il Parlamento” è stata lanciata contro il Primo Ministro dall’imprenditrice Gina Miller. La donna già nel 2016 aveva sfidato con successo il Governo presso l’Alta Corte di Londra, contestando le modalità di invocazione dell’articolo 50 dei Trattati UE propedeutico alla Brexit.
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