È stata la ministra più discussa dall’insediamento del nuovo esecutivo. La democratica Teresa Bellanova è stata bersaglio di critiche legate all’aspetto fisico e all’abito utilizzato per il giuramento. Il noto giornalista e opinionista Daniele Capezzone commentava in un tweet:
Il Partito Democratico ha difeso a spada tratta Bellanova. Ecco alcuni passaggi della nota dei dem: “il gruppo parlamentare del PD alla Camera esprime solidarietà a Teresa Bellanova per i vergognosi insulti ricevuti. Siamo al suo fianco. All’odio saprà rispondere con la professionalità che l’ha sempre contraddistinta”.
La ministra ha voluto tagliare corto, rispondendo che “la vera eleganza è rispettare il proprio stato d’animo: io ieri mi sentivo entusiasta, blu elettrica e a balze e così mi sono presentata. Sincera come una donna”. Una maniera per dare un taglio definitivo alla discussione.
Le polemiche generate – attorno a critiche che non possono definirsi di merito – hanno stimolato la ricerca sul curriculum e l’attività della ministra Bellanova.
La carriera e l’attività politica di Teresa Bellanova
La nuova ministra per le Politiche agricole, Teresa Bellanova, è stata criticata sia per il suo curriculum scolastico/accademico che per quello politico. Nata a Ceglie Messapica in provincia di Brindisi, classe ’58, Bellanova si è infatti fermata alla terza media, per poter andare a lavorare come bracciante nei campi all’età di soli 14 anni. Conoscitrice, quindi, del caporalato e delle sue aberrazioni, diventa ben presto sindacalista, arrivando al coordinamento regionale di Federbraccianti. Per circa 30 anni, Teresa Bellanova si è dedicata all’attività sindacale nella sua Regione, in Puglia. Poi, nei primi anni del nuovo millennio, Bellanova viene eletta in Parlamento alle elezioni del 2006. Bellanova viene eletta anche alle elezioni politiche successive. I risultati più importanti sul piano parlamentare li ha raccolti nella commissione Lavoro, grazie ad una grande inchiesta sul caporalato.
Teresa Bellanova: da bersaniana a renziana. Le critiche su jobs act e abolizione dell’art.18
Nel governo Renzi viene nominata come viceministra dello Sviluppo economico, occupandosi di una lunga serie di vertenze e di crisi (tra le più conosciute, quella della Thyssen). Inizialmente vicina a Pierluigi Bersani e all’ala più di sinistra del Partito Democratico, si dirige verso la corrente più centrista e liberale, attirandosi le critiche dei sindacati e degli elettori di sinistra. Tra le maggiori controversie, vi è l’appoggio al Jobs act e l’abolizione dell’art.18. La Bellanova giustificò la sua presa di posizione asserendo che il mercato del lavoro è cambiato radicalmente rispetto al passato, e che pertanto ci fosse bisogno di un adeguamento normativo.
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