Salario minimo Italia: cos’è, come funziona e quando è illegale
Salario minimo in Italia: che cosa significa e come funzionerebbe secondo le recenti proposte in merito. Quando è illegale
Vediamo di fare chiarezza circa la questione del salario minimo in Italia, finora mai effettivamente risolta in modo compiuto dalle forze politiche che – negli ultimi anni – si sono alternate alla guida del paese. Cerchiamo allora di capire cos’è, come funziona e quando è da considerare illegale.
Salario minimo: che cos’è e il contesto di riferimento
Il salario minimo può intendersi – in linea generale – come la più bassa retribuzione (oraria, giornaliera o mensile) che il datore di lavoro deve assicurare ai propri dipendenti, secondo una legge ad hoc. In verità, questa legge ad hoc in Italia ancora non esiste, pur essendosene discusso moltissimo negli ultimi anni. Vero è che in altri paesi europei il salario minimo è una realtà già consolidata, mentre nella penisola siamo ancora sul piano di progetti e proposte. Nel 2016 il PD ne parlò, con il Jobs Act, facendo riferimento ad una paga minima oraria di circa 6,5 – 7 euro.
Di seguito, il primo governo Conte ripropose la questione ma senza esiti concreti, ed ora anche il nuovo governo PD – M5S sembra nuovamente considerare l’argomento. Le recenti novità parlano di una proposta del M5S, relativa al salario minimo orario per ridare dignità ai lavoratori ed impedire forme di sfruttamento. Il movimento sostiene che la soglia minima dovrebbe aggirarsi attorno ai 9 euro lordi all’ora e, in ogni caso, dovrebbe essere del 20-30 per cento superiore alla soglia di povertà stabilita dall’Istat. Il PD, negli ultimi giorni, si è mostrato più guardingo sul tema, non indicando cifre e prevedendo un salario minimo per i lavoratori senza contratto.
Tuttavia, le ragioni della mancanza di un salario minimo in Italia, non sono soltanto politiche, ma anche più propriamente di natura sindacale. Infatti, il settore contratti lavoro in Italia è controllato per circa l’84 per cento dalla contrattazione sindacale, in pratica i livelli retributivi sono fissati dai cosiddetti Ccnl (Contratti collettivi nazionali di lavoro). Gli stessi sindacati hanno rigettato l’idea del salario minimo, in quanto sostengono che il salario in Italia è già controllato dall’articolo 36 della Costituzione e dai CCNL. Insomma, questi enti temono che l’eventuale introduzione del salario minimo possa togliere ad essi centralità nella fase della contrattazione.
Secondo le intenzioni dei promotori, il salario minimo sarebbe destinato ai lavoratori subordinati e a quelli parasubordinati, vale a dire tutti coloro le cui mansioni sono a metà tra lavoro dipendente e lavoro autonomo. Pensiamo, ad esempio, ai lavoratori a progetto e i collaboratori. Inoltre il progetto del salario minimo finalmente assicurerebbe una remunerazione ai praticanti degli studi professionali, che vedrebbero così “premiata”, da un punto di vista economico, la loro attività di formazione, partecipazione e contributo alle attività dello studio.
Quando è illegale?
È chiaramente presto per dire quali sarebbero gli effetti concreti dell’eventuale introduzione del salario minimo fissato dalla legge. Certo è però che ogni datore di lavoro sarebbe costretto a rispettare tassativi parametri minimi di retribuzione, imposti non dai CCNL bensì dallo stesso legislatore, e ciò potrebbe spingere più imprenditori verso forme di lavoro in nero o sommerso, e quindi illegale.
Allo stato attuale della normativa sul lavoro, le regole di riferimento sul piano del salario, sono quelle contenute nei CCNL dei vari settori: violarle significherebbe dar luogo a fenomeni di salario illegale (come i fatti di cronaca testimoniano, sono purtroppo non pochi coloro che accettano forme di sfruttamento a 1 l’ora o anche meno). Nel caso, invece, sia introdotta una legge ad hoc sul salario minimo, scendere al di sotto della soglia minima fissata, darà automaticamente luogo a fenomeni di illegalità, che saranno ovviamente puniti.
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