Elezioni Israele 2019: convocate per sbloccare lo stallo politico ereditato dai risultati del voto dello scorso 9 aprile, si sono risolte in un ulteriore impasse. I principali partiti, il Likud di Benjamin Netanyahu e Bianco e Blu di Benny Gantz, sono accreditati in una forbice tra i 31 e i 33 seggi quando è stato conteggiato circa il 92% dei suffragi. Ad affermarlo è il portale Haaretz, che riporta come i risultati definitivi arriveranno nel pomeriggio di oggi.
La coalizione trainata dal Likud, comprendente anche partiti minori ultra-ortodossi, conquisterebbe al massimo 58 seggi. Tre in meno di quelli necessari a formare una maggioranza alla Knesset di Israele, camera formata da 120 scranni. Non basterebbero dunque i 10 seggi conquistati dal partito Shas, gli 8 da Torah Unita e i 7 di Yamina. Dal canto suo, la coalizione guidata dall’ex generale di Tsahal si fermerebbe a 43, comprendendo anche i 5 a testa seggi ottenuti dai Laburisti e dai Democratici.
Ottimo il risultato della Lista Araba Unita che conquista 12 seggi e si assesta a terza forza del paese. Non avendo i numeri però per formare una eventuale coalizione con Bianco e Blu, con quest’ultimo a dire il vero non molto propenso a prendere in considerazione l’ipotesi. Il leader della LAU, Ayman Odeh, ha dichiarato di volersi proporre come leader dell’opposizione, una veste rilevante dato che si tratta di una figura che partecipa anche ai briefing sulla sicurezza nazionale. Odeh sarebbe il primo arabo-israeliano a ricoprire tale ruolo nelle istituzioni.
Elezioni Israele 2019: data, candidati e ultimi sondaggi. Chi vincerà?
Ysrael Beitenu sarà ago della bilancia
Vero vincitore delle elezioni risulta dunque Avigdor Lieberman. Ysrael Beitenu, partito di estrema destra laica, conquista 9 seggi divenendo ago della bilancia per la formazione di qualunque esecutivo. Lieberman ha fatto campagna in favore di un governo ampio di unità nazionale, e probabilmente riuscirà a raggiungere il suo obiettivo. Male l’estrema destra di Otzma Yehudit, fuori dal Parlamento.
Netanyahu ha commentato i risultati affermando l’esigenza che Israele si doti di un governo “forte, stabile e sionista”, che non sia basato “sul sostegno dei partiti arabi”. Non ha però rivendicato, a differenza di quanto accaduto ad aprile, una sua vittoria. Gantz, ammiccando a Lieberman, si è speso a favore di un governo di unità nazionale che possa “esprimere la volontà del popolo”. È questo l’esito più probabile del voto, considerando il fatto che il Presidente della Repubblica Rivlin non sarebbe intenzionato a riportare per una terza volta il paese alle urne in pochi mesi.
Proprio il rifiuto di Lieberman a formare un governo con Netanyahu ad aprile è stato però dinamo della nuova consultazione elettorale di Israele. Condizione necessaria per l’avvio di un governo di unità nazionale sarebbe dunque l’esclusione di Netanyahu da ruoli governativi di primo piano. Una grana seria per “Bibi”, dato che a ottobre il premier andrà sotto processo in seguito ad una serie di accuse di frode e corruzione relative a lui e alla moglie Sara. Processi da cui solo l’ottenimento da parte della Knesset dell’immunità parlamentare potrebbe sottrarlo.
Elezioni Israele 2019, quali riflessi sul quadro regionale?
Importanti anche i riflessi sullo scenario mediorientale, scosso in questi giorni dagli attacchi agli impianti petroliferi sauditi. In caso di vittoria netta di Netanyahu, Trump avrebbe disvelato i dettagli del suo “Accordo del Secolo” per la questione palestinese, di fatto un tentativo di costruire una grande coalizione in chiave anti iraniana a partire da una proposta di stabilizzazione del conflitto che dura sin dal 1949. È da vedere se ciò accadrà anche con esecutivi di altro tipo.
Va detto che le differenze in politica estera su temi quali Iran, Palestina e rapporti con gli Usa sono state però molto marginali tra le due principali coalizioni. Queste si sono maggiormente interessate a combattersi sui temi di politica interna. In particolare il tema della sicurezza in Israele è stato al centro dei discorsi dei principali partiti, in un contesto dove non accenna a fermarsi la violenza. Proprio nella giornata di ieri una donna, Alah Wahdan, è stata uccisa da un membro delle forze armate israeliane al checkpoint di Qalandiya, nella West Bank.
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