Mutuo superiore al prezzo del rogito immobiliare: accertamento fiscale

Se il valore del mutuo è superiore al prezzo del rogito immobiliare, parte l’accertamento fiscale. È quanto stabilito da una ordinanza della Cassazione.

Mutuo superiore al prezzo del rogito immobiliare: accertamento fiscale

Nell’eventualità in cui il valore del mutuo risultasse superiore al costo del rogito immobiliare, parte l’accertamento fiscale. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 23379. In questa si discuteva un caso che vedeva una società immobiliare di Milano responsabile di aver venduto degli appartamenti dichiarando però un prezzo più basso rispetto a quello dei mutui contratti. Da qui era partito l’accertamento fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate, che aveva presupposto la sussistenza di ricavi non dichiarati, e quindi in nero. Il ricorso presentato dalla società immobiliare non ha avuto esito positivo, come riferisce Idealista.it, in quanto la Commissione tributaria provinciale di Milano ha dato poi conferma dell’atto impositivo, confermato anche in secondo grado e successivamente dalla Cassazione.

Mutuo superiore al prezzo del rogito: le presunzioni alla base dell’accertamento

Nella sentenza si legge come la Corte abbia più volte ribadito che “in tema di accertamento dei redditi d’impresa, in seguito alla sostituzione dell’art. 39 cit. ad opera dell’art. 24, comma 5 della L. n. 88 del 2009 che, con effetto retroattivo – stante la sua finalità di adeguamento al diritto dell’Unione europea – ha eliminato la presunzione relativa di corrispondenza del corrispettivo della cessione di beni immobili al valore nominale degli stessi introdotta dall’art. 35, così ripristinando il precedente quando normativo in base al quale l’esistenza di attività non dichiarate può essere desunta anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti, l’accertamento di un maggior reddito derivante dalla predetta cessione di beni immobili non può essere fondato soltanto sulla sussistenza di uno scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita e il valore normale del bene quale risulta dalle quotazioni O.M.I., ma richiede la sussistenza di ulteriori elementi indiziari gravi, precisi e concordanti”.

Chi subisce l’accertamento fiscale deve dimostrare la propria innocenza

I giudici di appello, spiega la Cassazione, dando atto che il valore normale rappresentasse un semplice elemento indiziario di evasione che necessitava di ulteriori elementi a supporto per la conferma della presunzione, hanno reso noto come i valori O.M.I. siano stati solo uno dei tanti elementi presi come riferimento a sostegno dell’avviso di accertamento, affermando che “il cumulo di tali presunzioni di diversa natura consentiva di invertire l’onere probatorio e confermare l’atto impositivo, non avendo il contribuente fornito valida prova contraria idonea a superare l’accertamento presuntivo dell’Amministrazione finanziaria”. Si ricorda infatti che spetta sempre al contribuente (o in questo caso alla società) presentare prove e documentazione attendibile che legittimi la propria ragione.

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Mutuo superiore al prezzo del rogito: ricorso società immobiliare rigettato

Il ricorso è stato rigettato perché “diversamente da quanto dedotto dal contribuente, a fronte dell’accertato scostamento tra corrispettivo dichiarato non inferiore alla valutazione automatica determinata su base catastale e l’importo del mutuo contratto, anche la disciplina previgente dell’art. 15 DL 23 febbraio 1995, n. 41, rendeva possibile all’Ufficio rettificare la dichiarazione IVA e impediva al contribuente di invocare come difesa, al fine di contestare la rettifica operata, la circostanza di un corrispettivo dichiarato non inferiore al valore catastale rivalutato dell’immobile”.

La Corte conclude affermando che “ai fini dell’accertamento del maggior reddito d’impresa, lo scostamento tra l’importo dei mutui e i minori prezzi indicati dal venditore è sufficiente a fondare la rettifica dei corrispettivi dichiarati, non comportando ciò alcuna violazione delle norme in materia di onere probatorio e non potendosi escludere in materia di presunzioni semplici che l’accertamento trovi fondamento anche su un unico elemento presuntivo”. La precisazione è che ai fini degli accertamenti del fisco, non è necessario “che gli elementi assunti a fonte di presunzioni siano plurimi […] potendo il convincimento del giudice fondarsi anche su un unico elemento, preciso e grave, la valutazione della cui rilevanza, peraltro, nell’ambito del processo logico, non è sindacabile in sede di legittimità qualora sia sorretto da un’adeguata motivazione che sia immune da contraddittorietà”.

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