Quando la cronaca ci regala i resoconti di provincia e periferie, è subito uno sgranar d’occhi: incredibile, gli adolescenti si picchiano e scopano. Questi due grandi must avvengono fin dall’alba dei tempi e fin dall’alba dei tempi scandalizzano l’opinione pubblica over 30. Siccome è la solita commedia bisogna cambiargli nome, tipo “baby escort” o “baby gang”. Anch’io ero in una baby gang, si chiamava Mestre, e la nostra compagnia passava le serate tra sala giochi e una scazzottata.
Gli adolescenti non sono adulti, non pensano né ragionano come tali. Devono ancora imparare molte cose, non ultima l’empatia. Tra di loro si dicono cose di una cattiveria micidiale e con un sadismo unico, proprio perché non sanno dosare parole, emozioni e sensazioni. La “spaventosa cattiveria” che emerge nella solita inchiesta viene dalla famiglia e dall’inesperienza. Noi adulti sappiamo che ad azione corrisponde reazione, sappiamo che esiste lo Stato, la legge, un limite.
Gli adolescenti devono scoprirlo per i fatti loro.
Alcuni facendolo si rovinano la vita; si smaltano contro un platano, s’ammazzano con la droga, finiscono in riformatorio. Altri ne restano traumatizzati e quello che hanno fatto a sedici anni se lo tirano dietro per il resto della vita. Altri crescono da schifo ma poi, con la maturità, si raddrizzano e possono addirittura smentire i pronostici di genitori e professori diventando brave persone.
Fa parte di quella selezione naturale che oggi molti dicono non ci sia più, ma c’è eccome. Darwin non diceva che sopravvive il più forte, ma il più adatto. È per questo che i ragazzini si affannano a sembrare tutti uguali, ad ascoltare la stessa roba, a parlare nello stesso modo assicurandosi che sia diverso da quello degli adulti. Si stanno selezionando in quel microclima che è la scuola.
E la scuola non è la vita reale.
Non le somiglia nemmeno.
Una volta sopravvissuti a professori svogliati o incapaci, compagni violenti, genitori assenti, ragazze crudeli, all’improvviso vengono proiettati in un microclima diverso dove le loro qualità e i loro punti di forza non servono più a nulla. Devono ricominciare tutto da capo. Ci provano, e all’improvviso si accorgono che l’orologio è impazzito; per arrivare ai 18 anni avevano impiegato cento vite, per arrivare ai 21, dieci minuti.
Tantissimi non ce la fanno, di solito quelli che a scuola erano più amati, popolari e promettenti. Invece di adattarsi al nuovo ambiente provano a defibrillare quello vecchio e finiscono schiacciati. Noi adulti parliamo di ansia, depressione, angoscia esistenziale, ma non ricordiamo l’orrore del vuoto davanti, quando hai così tanta strada da fare che ti sembra infinita, ostile e buia, e senti sul collo gli occhi della tua famiglia.
Ogni volta che leggo giornalisti chiedere schiaffi e punizioni corporali mi vien da ridere. Tuonano contro l’Italia priva di memoria storica e loro manco si ricordano la propria adolescenza. Diventiamo reazionari, crudeli, inflessibili e indifferenti al prossimo man mano che dimentichiamo quanta fortuna abbiamo avuto, quanto stupidi e coraggiosi siamo stati a prendere strade che forse portavano all’anno dopo, forse alla rovina totale. Ti puoi rovinare con una donna, con gli amici sbagliati, con un esame rimandato a oltranza. Dio, persino con una serata.
Oggi, a giudicarci, non ci perdoneremmo.
Par di vedere un sequel di Ritorno al futuro dove il vecchio Martin manda in galera il giovane Martin, rovinandogli e rovinandosi la vita. Una cosa bella che m’ha insegnato guardare, leggere e scrivere cinema è che un personaggio si rivela per chi è davvero solo alla fine, in cui può cambiare tutto.