Sentenza eutanasia: cosa cambia in Italia per il suicidio assistito
Sentenza eutanasia della Corte Costituzionale: quali sono i punti chiave delle conclusioni del giudice delle leggi e cosa cambia per il suicidio assistito.
In questi giorni la Corte Costituzionale si è espressa in merito alla possibilità e alla liceità del cosiddetto suicidio assistito, con la sentenza eutanasia che sicuramente sarà un precedente notevole, di cui in futuro si dovrà comunque tenere conto. Tale decisione è stata frutto di ore di riflessione in camera di consiglio, a seguito dell’iniziativa della Corte di Assise di Milano, la quale – per specifiche questioni sull’eutanasia e sull’aiuto al suicidio – aveva deciso di coinvolgere la Consulta.
La questione trattata dalla sentenza eutanasia in oggetto, è senza dubbio di rilievo, perché verte sulla possibilità di punire o meno l’aiuto al suicidio di chi abbia già scelto di togliersi la vita. Vediamo allora i punti chiave della sentenza della Corte.
Sentenza Eutanasia: la vicenda concreta
La vicenda è stata diffusamente raccontata da tg e quotidiani, ed è quella vissuta dallo sfortunato Fabiano Antoniani, noto come Dj Fabo, che, irreversibilmente cieco e tetraplegico dopo un incidente stradale, aveva scelto di andare a morire in Svizzera, come poi è effettivamente successo nel mese di febbraio 2017, in una clinica nei pressi di Zurigo, in cui l’esponente radicale Marco Cappato, aveva voluto accompagnarlo. Ricordiamo infatti che nel paese elvetico, il suicidio assistito è ammesso dalla legge.
Ebbene, la questione principale portata all’attenzione della Consulta è stata legittimità dell’applicazione, al caso Dj Fabo-Cappato, dell‘art. 580 del Codice Penale, relativo al reato di istigazione o l’aiuto al suicidio (il quale prevede pene detentive anche fino a 12 anni di reclusione). La Corte Costituzionale aveva già caldeggiato un intervento in merito del legislatore, con una legge chiarificatrice ad hoc sul fine vita, eutanasia e suicidio assistito, finora però mai concretizzatasi.
Pertanto, si è dovuta esprimere in via assolutamente “autonoma” con tale recentissima sentenza eutanasia. D’altra parte Marco Cappato rischiava ben 12 anni di carcere, per un processo in cui era accusato di istigazione al suicidio, poi sospeso in attesa della decisione della Corte Costituzionale.
I punti chiave della sentenza
Vediamo quindi che cosa è stato deciso, circa la vicenda in esame. La Corte Costituzionale – fa sapere il suo Ufficio Stampa, in attesa del deposito della sentenza – ha infatti valutato “Non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli“.
Le parole della Corte essendo estremamente chiare, non necessitano di particolari parafrasi o interpretazioni, ed anzi delineano nitidamente un quadro di elementi di fatto, che debbono concorrere, al fine di escludere la punibilità in base all’art. 580 sopra richiamato. La Consulta, inoltre, aggiunge che la non punibilità va comunque subordinata “Al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua (articoli 1 e 2 della legge 219/2017) e alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del SSN, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente“.
Ma soprattutto ha nuovamente ricordato e chiesto con forza un intervento specifico del legislatore, sul tema del fine vita e dell’eutanasia legale. In seguito a tale sentenza eutanasia, Cappato ha dichiarato: “Ho aiutato Fabiano perché ho considerato un mio dovere farlo. La Corte costituzionale ha chiarito che era anche un suo diritto costituzionale per non dover subire sofferenze atroci”. Insomma una vittoria anche per il radicale coinvolto direttamente nella vicenda.
Concludendo, se è vero che questa vicenda ha destato clamore nell’opinione pubblica ed è arrivata fino al giudizio della Corte Costituzionale e alla sentenza eutanasia in esame, è altrettanto vero che Parlamento ed ambienti politici non si sono mostrati – in questi mesi – particolarmente collaborativi e desiderosi di risolvere la questione del suicidio assistito.
Se è vero infatti che alla Camera sono stati depositati diversi progetti di legge in merito, è altrettanto vero che le Commissioni Giustizia e Affari sociali non sono mai riuscite, di fatto, a far cominciare i lavori, anche e soprattutto per le divisioni sul tema, da parte dei due partiti del precedente governo, ovvero Lega e M5S. È auspicabile allora che questa sentenza eutanasia abbia anche l’effetto di rendere più attivi sul tema i due rami del Parlamento, con iniziative finalmente produttive di norme di legge.
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