A volte si parla di diritto di abitazione e di affitto, confondendoli. Vediamo allora in che cosa esattamente consiste il diritto di abitazione, come funziona e quando si esercita. Nell’ampia categoria dei diritti reali, il diritto di abitazione è uno dei diritti di più diffusa applicazione pratica, pertanto merita certamente considerazione.
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Diritto di abitazione: di che si tratta e dov’è regolato
Dal punto di vista tecnico, tale diritto è un diritto reale di godimento su bene altrui. Ed è regolato dagli articoli 1021 e seguenti del codice civile italiano. Non va confuso con il concetto di residenza, il quale meramente intende il luogo fisico in cui un soggetto abitualmente si trova, e neanche con il concetto di domicilio, vale a dire il luogo che è centro degli interessi o affari di una persona. Per diritto di abitazione, come accennato, abbiamo a che fare con un diritto reale su immobile di proprietà di altra persona. Esso ha ad oggetto una casa e si caratterizza essenzialmente per comportare il diritto di abitarla, ma meramente in ragione dei bisogni e necessità del titolare del diritto e della sua famiglia. Come chiarito dalla giurisprudenza della Cassazione, il diritto in oggetto ha natura strettamente personale, pertanto la titolarità ed il godimento dell’immobile spettano soltanto al titolare e alla sua famiglia, i quali potranno alloggiarvi limitatamente ai propri bisogni. Anzi, al diritto in oggetto consegue il divieto di indirizzare la casa ad utilizzazioni diverse da quelle consistenti nell’abitazione diretta da parte del titolare del diritto e della sua famiglia (ad esempio non può adibirla a magazzino o ufficio).
Occorre rimarcare che la giurisprudenza ha integrato il concetto di diritto di abitazione, con elementi non direttamente individuabili nel Codice Civile. Tali utili chiarimenti hanno, ad esempio, fatto emergere che il diritto in esame può fare riferimento esclusivamente ad un immobile che abbia requisiti di abitabilità, ossia sia capace di essere alloggio vivibile per una famiglia. Secondo la Cassazione, inoltre, il diritto di abitazione è da estendersi a tutto ciò che concorre ad integrare la casa che ne è oggetto, come accessorio o pertinenza (ad esempio terrazze, balconi, verande, giardino, garage, ecc). Ciò in quanto, secondo la valutazione del giudice, l’abitazione non è da intendersi nei meri vani abitabili, ma anche in ciò che ne è parte accessoria e comunque integrante.
Secondo il Codice Civile, il diritto in esame non può essere ceduto o dato in locazione; anzi, la locazione o affitto non è un diritto reale e il suo oggetto non è un bene, bensì una prestazione del locatore, legata al consentire il godimento dell’immobile, dietro pagamento di un canone (che nel diritto di abitazione non sussiste). La locazione, inoltre, può essere ceduta a terzi (il cosiddetto subaffitto).
Come si può esercitare?
A questo punto, vediamo come è possibile avvalersi di tale diritto. Anzitutto l’ipotesi più comune dalla quale scaturisce, è un contratto scritto tra il proprietario dell’immobile e l’utilizzatore. Altre ipotesi sono: la previsione per testamento; la previsione per legge; per sentenza del giudice. In particolare, il diritto di abitazione spetta sempre al coniuge superstite sulla casa coniugale. Al termine di una causa di divorzio, è tipico il caso in cui il giudice decide che all’ex-moglie, affidataria dei figli, sia concesso di restare nella casa di proprietà del marito, come titolare di diritto di abitazione. Inoltre, il diritto di abitazione può anche derivare dalla cosiddetta usucapione, ovvero dall’uso ventennale della casa altrui.
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