In quest’ultimo periodo è tornato in auge, negli ambienti parlamentari e politici ma non solo , il dibattito sul riconoscimento o meno dello ius culturae, al fine di ottenere – attraverso di esso – la cittadinanza italiana. Vediamo allora più nel dettaglio di che si tratta, quali sono i pro e i contro e come si distingue dallo ius soli.
Ius culturae: che cosa significa e come distinguerlo dallo ius soli
In effetti il dibattito sullo ius culturae, molto vivo ultimamente, ha già trovato una “dimensione” materiale, con la stesura di una proposta scritta di legge in materia, a breve al vaglio della Camera. La finalità di chi ha redatto il progetto in esame, non è difficile da cogliere: con l’introduzione dello ius culturae, sarebbe riconosciuto il merito di chi, come giovane straniero, si è inserito comunque nel contesto italiano, tanto da completare il ciclo di studi e quindi un percorso di integrazione. Non sarebbe quindi una cittadinanza conseguita in automatico, per il solo fatto di nascere nella penisola (come invece sarebbe per lo ius soli “puro”).
Vediamo a questo punto che cosa significa esattamente “ius culturae”. Lo ius culturae comporta che, laddove attuato con norma di legge, il minore straniero nato in Italia o arrivato qui entro i 12 anni di età possa ottenere la cittadinanza italiana, per meriti “scolastici” o formativi.
In altre parole, il minore che abbia frequentato per almeno 5 anni, e con profitto, uno o più cicli di studio, oppure che abbia seguito dei percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali, mirati al rilascio di una qualifica professionale, può domandare ed ottenere la cittadinanza per ius culturae. Tale formazione o istruzione sarebbero quindi la “prova” del suo inserimento nel tessuto sociale italiano.
Distinguiamo ora tra ius soli e ius culturae, perché è facile confonderli e considerare analoghi due concetti che in realtà non lo sono affatto. Lo ius soli, prevede che il diritto alla cittadinanza italiana scaturisca a seguito della mera nascita sul suolo italiano, e ciò indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori. Non conta cioè alcun tipo di percorso di formazione o istruzione, il diritto deriva dalla nascita. Lo ius soli esiste nella variante “pura” (come negli USA, Canada e America Latina) e scatta, appunto, in automatico alla nascita. Oppure in variante “temperata”, al ricorrere di alcune specifiche condizioni (come ad esempio in Francia, Germania o Regno Unito).
Quali sono i pro e i contro di tale istituto
È ben noto il dibattito che in questi giorni sta agitando gli ambienti politici, con i partiti spaccati tra favorevoli e contrari. Ne sapremo di più, circa gli sviluppi del progetto, il giorno 3 ottobre, data in cui è prevista la discussione presso la Commissione Affari costituzionali della Camera. Circa i pro e in contro dell’introduzione dello ius culturae, possono essere individuati alcuni fattori. Per quanto riguarda i pro, le forze politiche favorevoli hanno sottolineato la spinta all’integrazione e alla formazione scolastica e lavorativa, che avrebbe una misura di questo tipo; inoltre sarebbe incentivata la politica di sviluppo dell’occupazione, con scelte destinate davvero a tutti. Circa invece i contro, le forze di opposizione al Governo Conte 2, ne hanno già evidenziate diverse. Tra le più rilevanti, l’oggettiva incompatibilità dello ius culturae con il tema lavoro in Italia, visto l’alto tasso di disoccupazione specialmente giovanile, con il tema della stabilità del sistema welfare e con il tema sicurezza. Inoltre, c’è chi ha fatto notare come la scelta di voler introdurre lo ius culturae abbia soprattutto ragioni politico-elettorali e debba fare i conti con la possibilità che i nuovi arrivati dichiarino un’età non corrispondente a quella vera (per riservarsi i benefici di tale misura).
La situazione in Europa
La situazione circa il riconoscimento dello ius culturae è, nei vari paesi europei, piuttosto disomogenea e forse sarebbe auspicabile un intervento ad hoc del legislatore UE. Ad esempio, abbiamo che in Germania è automaticamente cittadino tedesco, chi nasce in Germania, se uno dei genitori risiede da almeno 8 anni nel paese; in Francia ottiene cittadinanza francese il figlio nato in in territorio transalpino, quando almeno un genitore è nato lì, e al compimento dei 18 anni, in ogni caso, chi nasce in Francia diventa francese. In Gran Bretagna – a conferma della mancanza di uniformità delle normative – abbiamo che chi nasce in territorio britannico, automaticamente ottiene cittadinanza, se almeno un genitore è legalmente stabilito, ovvero con un permesso di soggiorno a tempo indeterminato.
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