La Riforma del Catasto scompare dalla nota di aggiornamento al Def: a tranquillizzare i proprietari immobiliari (che poi sono la maggior parte dei contribuenti italiani), che già da tempo chiedono alla politica meno tasse, direttamente il vice ministro dell’Economia Antonio Misiani.
Riforma del Catasto: sfumata ancora una volta
Ancora una volta non se ne farà niente: la riforma del catasto annunciata da anni scompare a poche ore dall’inserimento nella nota di aggiornamento al Def in vista della Legge di Bilancio 2020. Già tra il 2015 e il 2016 era stata accantonata la delega in merito, stessa sorte fece poi un disegno di legge presentato nel 2017 da Pd e Forza Italia. D’altra parte, stavolta era comparsa sotto forma di semplice principio, insomma, una sola riga in previsione di un futuro disegno di legge: ma anche questa è destinata a rimanere lettera morta. Anche se c’è bisogno di una riforma dei valori catastali, su cui tra l’altro spinge l’Europa, ammette Misiani, nel Def “non c’è alcuna previsione di entrata legata a un’imposta sugli immobili” ha tagliato corto il viceministro dell’Economia ospita di Porta a Porta.
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Che cosa l’ha bloccata finora?
Da tempo l’Ue insiste con l’Italia per una riforma del catasto che metta in stretta correlazione i valori catastali, appunto, con quelli di mercato: l’ultima richiesta risale al 9 luglio al margine dell’Ecofin. Detto ciò, il problema è quello dell’invarianza del gettito, infatti, a nuovi valori catastali – che servono per calcolare le imposte sui redditi o sulle proprietà, per capirsi, Irpef e Imu – dovrebbero essere ricalibrati in base ai valori di mercato, un’operazione che non potrà che portare a un’impennata delle tasse da pagare per i proprietari.
D’altronde, il sistema attuale, ormai vetusto dato che risale al 1939, riporta dei valori che rispecchiano anche per meno della metà quelli reali. Ha ultimamente riepilogato bene questa situazione Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confediliza, associazione in prima fila da praticamente sempre contro una riforma in tal senso. Sui propri immobili, sottolinea Testa al Sole 24 Ore, “gli italiani hanno pagato, dal 2012 al 2019, 183 miliardi di euro di patrimoniale sotto forma di Imu e Tasi, con la conseguenza fra l’altro di comprimere i consumi. La priorità è ridurre questo carico spropositato di tassazione, di non applicare la raccomandazione Ue sul catasto, magari presentandola con la favola dell’eliminazione delle sperequazioni ma con l’effetto in realtà di aumentare ancora le imposte sugli immobili e di ridurre le prestazioni sociali collegate all’Isee”.
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