Elezioni Portogallo 2019: candidati, sondaggi e data. Chi vincerà?
Elezioni Portogallo 2019: verso la vittoria a mani basse il partito socialista guidato da Antonio Costa, premier dell’attuale esecutivo.
Domani domenica 6 ottobre il Portogallo è chiamato alle urne: verso la vittoria a mani basse il partito socialista guidato da Antonio Costa, premier dell’attuale esecutivo.
Elezioni Portogallo: cosa dicono i sondaggi?
Guardando i sondaggi non sembrano esserci particolari dubbi sul fatto che il voto in Portogallo di domani consegnerà una nuova vittoria al Partito Socialista. Quest’ultimo viaggia a quota 38%, in pratica a 10 punti di vantaggio sui Socialdemocratici, partito di centrodestra, principale forza d’opposizione. Addirittura, sempre stando alle intenzioni di voto, i socialisti potrebbero avere i numeri per governare da soli: gli attuali alleati, cioè il Blocco di sinistra e i comunisti, dovrebbero arrivare rispettivamente al 10% e al 6%.
I segreti del successo di Costa
Il Portogallo è stato sull’orlo del default, per questo motivo ha avuto ben poco margine di manovra rispetto ai dettami dell’austerity targata Bce ed Fmi: è servito un prestito di ben 78 miliardi al precedente esecutivo lusitano guidato dal conservatore Passos Coelho per evitare la bancarotta. Eppure tra il 2016, il governo di Costa si è insediato l’anno prima, e il 2018, l’economia portoghese è cresciuta del 7% (il Pil quest’anno dovrebbe crescere del 2%) e la disoccupazione è scesa al 6,2% dopo aver raggiunto un picco pari al 16%. Inoltre, il deficit nel 2019 scenderà allo 0,5% del Pil: è il livello più basso mai toccato nella storia democratica del paese. Insomma, si parla di risultati sorprendenti che il paese ha raggiunto soprattutto grazie all’azione del governo guidato da Costa.
Tuttavia, bisogna sottolineare come il precedente esecutivo, di colore opposto, abbia fornito una base solida da cui partire in virtù di una “terapia d’urto” à la Monti (riduzione delle protezioni per i lavoratori e maggiore flessibilità per le imprese, per esempio) che chiaramente non ha pagato in termini elettorali. Detto ciò, in questi anni, Lisbona ha continuato nell’opera di risanamento dei conti all’insegna di un’oculata spending review ma – eliminando le misure più rigide imposte dalla Troika – non ha mancato di sostenere i redditi e quelli medio bassi in particolare.
Così è aumentata la fiducia dei mercati con conseguente diminuzione dei tassi di interesse e contestuale impennata degli investimenti dall’estero (in virtù di una conveniente leva fiscale) anche in settori d’avanguardia. Nonostante l’ancora altissimo debito pubblico (120% del Pil), comunque in calo, le lacune del settore bancario, gli investimenti pubblici che ancora devono ripartire e la bassa produzione, oltre alle difficoltà dell’economia mondiale, il Portogallo sente di essersi lasciato il peggio alle spalle.
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