Al mondo i musulmani sono il 23% della popolazione umana, ossia circa 1,8 miliardi di persone. I cristiani sono 2,5 miliardi suddivisi in vari gruppi (evangelici, protestanti, cattolici, etc). Riguardo a quanti sono atei, non c’è una statistica sicura; si ipotizza siano tra il 2% e il 13%, intervallo assai largo. Di sicuro, sappiamo che la maggioranza della popolazione mondiale è credente, circa il 63%.
Sono dati su cui ci si può sbizzarrire guardando fasce d’età, luogo geografico, sesso, reddito, cultura, ma i numeri rimangono questi. E sono immensi; cifre che perdono significato e diventano astratte perché non è possibile visualizzare una massa umana di queste dimensioni.
Queste masse si affidano a una guida tra loro e la divinità che, per i cristiani, è papa Francesco. A me fanno morir dal ridere i cittadini delle capitali europee che che quando i telegiornali riportano dichiarazioni del Vaticano sbottano “chi se ne frega”; quel tizio è il capo supremo di una nazione grande otto volte gli Stati uniti e 44 volte l’Italia.
Le sue parole hanno un peso incalcolabile.
Per fare un esempio, se domani il Papa dice che i veri cattolici non devono mangiare pasta, anche ipotizzando solo l’1% dei fedeli lo ascolti, l’industria perde in un istante venticinque milioni di acquirenti. Ognuno con una famiglia.
Ipotizzando una famiglia compri tre chili di pasta a settimana pagandola 1,70 al chilo, le parole del papa hanno tolto al fatturato annuo dei pastifici 127,5 milioni e badate bene, solo nel caso ad ascoltarlo fosse l’1%. Aggiungeteci uno zero, mettiamo lo ascolti solo il 10%; il fatturato globale dell’industria avrebbe un improvviso calo di 1,2 miliardi, per non parlare delle ripercussioni in Borsa – e sugli azionisti.
Immaginate il 50%.
Migliaia di pastifici chiuderebbero mandando a casa milioni di operai. Quindi sì, le parole del Pontefice sono importanti anche per chi come me non ha la fede, o per chi gioca in Borsa a livelli alti, o per chi ha un minimo di percezione storico demografica.
E ha peso anche sull’Islam e i musulmani.
Ora, a febbraio di quest’anno è passata in sordina la notizia che ad Abu Dhabi papa Francesco e uno dei più rispettati Imam sunniti, Ahmad al-Tayyib, hanno firmato una dichiarazione congiunta intitolata “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”. Non è un incontro qualsiasi, perché al-Tayyib è egiziano e il Vaticano viene da un periodo di gelo, con l’Egitto.
Dietro alle parole studiate c’è un messaggio chiaro: condannano l’estremismo, l’uso politico delle religioni, stabiliscono il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi, la protezione di luoghi di culto, nonché – rulli di tamburi – il dovere di riconoscere alla donna il diritto a istruzione, lavoro e diritti.
Per i Navigli di Milano – sede della classe intellettuale italiana – papa Francesco è solo un tizio vestito buffo che telefona alla gente, e questo dice molto sull’apertura mentale dei nostri autoproclamatisi educatori. Ma nel mondo reale questo documento cambia la rotta di una politica che non è su Facebook o nelle pagine lolline, ma percorre il pianeta, arriva nelle moschee in periferia e fa la differenza tra uno che si lancia sulla folla con un furgone o meno, tra uno che spara agli italiani chiedendogli il Corano o meno.
Ecco perché dovrebbe interessarci quello che dice papa Francesco.