Di seguito affrontiamo un caso pratico purtroppo non raro, quello della scoperta di un abuso edilizio, fatta in un momento successivo a quello della sottoscrizione di un contratto di compravendita immobiliare. Vediamo allora quali sono le possibili conseguenze a livello legale, anche in relazione ai temi della prescrizione e della eventuale sanatoria.
Abuso edilizio: il contesto di riferimento e la responsabilità
D’altra parte, è facile non notare un abuso edilizio in tempo utile e prima di dar luogo ad un trasferimento di proprietà: può succedere infatti che, in mezzo a mille incombenze, nessuno informi l’interessato del problema ed è altrettanto usuale che anche il notaio, immerso anch’egli in tante attività professionali, non si accorga dell’irregolarità urbanistica. Quindi è certamente lecito e legittimo che l’acquirente dell’immobile oggetto di abuso edilizio, si chieda quali possono essere le conseguenze e le sorti della compravendita: se possa insomma ritenersi comunque valida o nulla e se sia in ballo una qualche forma di risarcimento danni.
A questo punto, però, chiediamoci che cos’è – per il diritto – un abuso edilizio. Esso non è altro che un reato che è compiuto laddove è realizzata un’opera edilizia per cui non è stato domandato il correlato permesso o comunque non è stata fornita in Comune la documentazione inerente l’opera stessa. Per legge, tale reato è integrato anche quando l’opera edilizia finale è differente rispetto a quella che era stata presentata alla PA nei relativi progetti.
Inoltre, è vero il principio per il quale la responsabilità penale è personale: in caso di abuso edilizio, la responsabilità permane del solo autore dell’opera. Quindi l’acquirente non rischia da questo punto di vista alcuna condanna penale per abuso edilizio; e ciò anche in caso di consapevolezza della difformità urbanistica, al momento della compravendita. Diverso in caso il terzo acquirente sia stato effettivamente il soggetto committente dell’opera: in tal caso ne risponde penalmente.
Tuttavia la giurisprudenza ha chiarito che la mancanza di responsabilità penale per abuso edilizio, non sottrae l’acquirente dal dovere di sottostare all’ordine di demolizione, che un magistrato oppure la PA possono emettere verso l’opera irregolare. La legge in ambito edilizio, sancisce infatti che il (nuovo) proprietario dell’immobile abusivo è obbligato al ripristino dello stato dei luoghi, pur non essendo autore dell’abuso edilizio.
Questa lettura della responsabilità in relazione ad un abuso edilizio, è stata però integrata da alcune recentissime pronunce della Cassazione, come esporremo tra poco.
Abuso edilizio: l’utile contributo della Cassazione sulla questione
In particolare, la Cassazione ha emesso due sentenze, proprio quest’anno, assai rilevanti in tema di abuso edilizio e responsabilità. In una di esse, ha comunque sancito che il soggetto acquirente che non si limiti al mero utilizzo dell’opera abusiva, bensì intervenga materialmente con ulteriori operazioni edilizie sull’opera, di fatto prosegue l’illecito urbanistico (continuando a costruire ed edificare su un’opera di per sé abusiva). Pertanto, in queste circostanze, si trova ad essere responsabile penalmente, al pari del precedente proprietario. Come affermato in modo assai chiaro dalla Corte di Cassazione, infatti, le attività edilizie del compratore “ripetono le caratteristiche di illegittimità dell’opera principale“.
In quanto tali ulteriori interventi proseguono e rinnovano l’originario reato di abuso edilizio, hanno anche l’effetto di escluderne, di fatto, la prescrizione.
La questione della prescrizione
A questo punto è interessante capire entro quando scatta la prescrizione del reato di abuso edilizio. È necessario specificare che si tratta di mera prescrizione dell’illecito penale, e non della sanzione della demolizione: quest’ultima non è soggetta a prescrizione e può essere emessa anche dopo molto tempo. Tale reato, pertanto, è prescritto in 4 anni dal compimento dell’illecito se, da quel momento, non ci sono stati atti di interruzione della prescrizione (si tratta della prescrizione breve); in 5 anni dal compimento del reato (la prescrizione ordinaria) se c’è stato un qualsiasi atto interruttivo come, ad esempio, un atto giudiziario.
Validità e sanatoria del contratto
Nell’altra delle due sentenze richiamate, la Corte di Cassazione ha chiarito la questione della validità del contratto di compravendita. È necessario però distinguere il caso del mero contratto preliminare da quello del rogito notarile, ovvero la compravendita definitiva. In ipotesi di preliminare, la Suprema Corte ha affermato che è comunque valido l’accordo e il conseguente contratto, sebbene l’acquirente non sia stato informato dell’abuso edilizio prima della firma.
In queste circostanze, secondo il ragionamento del giudice, è ben possibile che le parti intendano dare al venditore un termine entro cui provvedere con la sanatoria dell’abuso (a sue spese). Tuttavia l’acquirente è comunque libero di domandare in giudizio la risoluzione del contratto per inadempimento, con l’obbligo per il venditore di restituire il doppio della caparra e risarcire i danni subiti dal compratore.
In caso di contratto definitivo, è la legge a chiarire la situazione. Infatti, le norme edilizie vigenti dispongono che il contratto definitivo di compravendita di un immobile indichi obbligatoriamente gli estremi del titolo urbanistico, ossia la concessione edilizia. In mancanza di tale dato, il contratto è da ritenersi nullo, quindi non valido.
Secondo la Cassazione, proprio la menzione della licenza edilizia permette all’acquirente di capire se l’immobile che sta per acquistare è conforme o meno alla licenza stessa. In altre parole, gli permette di accertare l’esistenza di abusi e di intentare, eventualmente, una causa di risarcimento danni.
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