Un qualsiasi appuntamento Tinder

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Un qualsiasi appuntamento Tinder

«Ssssì. Senti…» sospira lei, appoggiando il bicchiere sul tavolino «…non va.»
«Direi di no», tira indietro la schiena lui.

I camerieri si destreggiano tra clienti che aspettano un tavolo libero, il DJ dietro la consolle fa ancora finta di mettere CD, fuori dalla vetrata qualcuno allontana un bangla con le cartine e le rose. Lei ha un tubino nero e capelli mori corti, rughe tra le sopracciglia e troppi nei. Lui ha un inizio di calvizie brizzolata, una button down col colletto floscio e un Casio al polso: «Va bene, finiamola qui» dice.

Lei beve d’un sorso quel che resta dello Hugo, si alza, prende il giubbotto di pelle e la borsa. Si alza anche lui e porta la mano al portafogli, poi si blocca: «Senti, sai cosa?»
«Eh» fa lei, infilando la manica.
«Non vedrei l’ora di togliermi ‘ste scarpe e svaccarmi sul divano. Però oramai siamo qui.»
«E cosa facciamo, ci guardiamo negli occhi?» fa lei, chiudendo il giubbotto.
«Che ne so» stringe le spalle lui «Ma mi son dovuto stirare ‘sta camicia e farmi la barba. Cristo, mi sono persino depilato le palle.»
Lei sbuffa una risata, bocca storta tra disgusto e imbarazzo: «Beeeene.»

«Perché per te invece è routine quotidiana.»
«Sì.»
«Vabbè. Senti, non ci rivedremo più e sarà un sollievo per entrambi. A ‘sto punto sfruttiamo l’avere davanti uno qualsiasi che ci ascolta. Netflix mica scappa.»
«Non ho Netflix.»
«E che hai?»
«Comici inglesi su Facebook.»
«Sempre lì stanno. Diciamoci le cose che non si dicono in ‘ste occasioni. Quando ricapita?»
«Tipo?»
«Ma che ne so. Non è vero che sono stato a New York, c’ho paura di volare. Non so niente di vini, ho guardato su Google. La storia della tua vita m’ha rotto il cazzo dopo dieci secondi, non saprei ripeterti una parola. Cose così. Ah, ti sei photoshoppata tanto che sei sull’orlo della circonvenzione d’incapace.»
«AAAA POSTO» fa lei, prendendo la borsa e girandosi.

«Senti, a furia di scappare sei finita a scrivere life enjoyer su Tinder a quarant’anni, c’hai così poco tempo da perdere?»
Lei si volta con la mascella serrata. Si guarda attorno, si siede: «Sei basso. Secondo me ce l’hai pure piccolo. Ti vesti come un coglione, dimostri dieci anni di più e probabilmente stai ancora a spese di tua madre.»
Lui fa un lungo sospiro, annuisce: «Ho messo il like al tuo profilo perché ho pensato che stavi alla canna del gas e l’avresti calata per disperazione.»
«A te ho messo like per sbaglio seduta sul cesso. Quando t’ho visto arrivare avevo già deciso che era no.»
«E perché ci siamo torturati per un’ora?»
«Perché mi ero depilata.»
Lui scoppia a ridere. Lei sogghigna: «Abbiamo concluso questa tragedia?»

«Dimmi una cosa di te che non hai mai detto a nessuno.»
«Perché?»
«Perché se non la dici a uno scartato a chi la dici?»
«Prima tu.»
«Non so stare in gruppo e invidio chi riesce a farlo, tipo il 99% di chi abbiamo attorno. Per venire qui ho preso un sedativo.»
«Non ho amiche perché ho paura che mi giudichino peggio di come giudico loro.»

«Ho il terrore di avere il cancro. Non ho il coraggio di scoprirlo.»
«Ogni volta che ho le mestruazioni penso quante me ne restano.»

«Quando mia madre è morta ero felice. Certi giorni piango perché mi vergogno e ho paura lo sappia.»
«Sei credente?»
«Sì, ma spero di sbagliarmi.»
«Ho scopato il compagno di mia madre e ho paura che glie lo dica o mi ricatti.»
«Ne valeva la pena?»
«Quand’è che non ne vale la pena?»
«Sono scappato dall’unica donna che mi avrebbe fatto crescere.»
«Chi era?»
«Una tizia in un bar che mi guardava vent’anni fa. Una di quelle che appena le vedi sai che… che…»
«…che non diranno mai “che ansia”.»
«Esatto.»
«Dio le maledica» scuote la testa lei «Finito?»
«Direi di sì.»
«È stata la cosa più deprimente della mia vita» dice lei, alzandosi.

«Davvero?»
Si guardano.

«Buona fortuna» dice lei.
«Anche a te.»