Lassù sulle montagne

Pubblicato il 14 Ottobre 2019 alle 15:56 Autore: Nicolò Zuliani
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Lassù sulle montagne

Una cosa che mi ha sempre colpito è come qualità universalmente ed eternamente riconosciute (coraggio, lealtà, abnegazione, altruismo, generosità, impegno) vengano poi sottomesse alla faziosità politica e al contesto storico in cui avvengono. Spesso l’opinione pubblica non sa distinguere la persona dalla causa; forse perché leggere Shakespeare o Virginia Woolf non è di moda, forse perché al mondo è pieno di anime semplici che al cinema chiedono “quello è il buono o il cattivo?”; resta il fatto che quando una persona fa qualcosa di eroico per la causa sbagliata, il pubblico lo interpreta come malvagio.

Non è sbagliato, ma crea dei problemi.

Ci sono molti esempi, ma prendiamo uno che conoscono tutti: la storia di Schindler, di Bartali o di Perlasca che salvano gli ebrei dai rastrellamenti ci emozionano e ci inorgogliscono, perché rischiarono la propria vita per salvarne altre senza chiedere nulla in cambio. È puro bene. Altruismo, valore universalmente riconosciuto come tale. Se invece la guerra l’avesse vinta Hitler, di Schindler, Bartali e Perlasca non si parlerebbe; verrebbero nascosti sotto il tappeto proprio perché la narrativa dev’essere chiara e netta.

Non ci possono essere eroi tra gli sconfitti.

Questo meccanismo crea un danno collaterale; chi fa grandi azioni per cause sbagliate va rimosso. Un’azione malvagia di una causa sbagliata, idem. Pertini fece fucilare due innocenti, lo sapeva e non chiese mai scusa. I partigiani non erano tutti rossi, erano anche bianchi o militari e fecero svariate stragi di innocenti anche a guerra finita. Se ne parla? Pochissimo, e sempre con fastidio a cui seguono grandi polemiche; perché la narrativa buono senza macchia VS. cattivo sleale e disumano vanno mantenute.

Allo stesso modo non sappiamo quanti tedeschi si opposero a Hitler, quanti si rifiutarono di andare in guerra e vennero imprigionati o fucilati, né di soldati tedeschi che fecero azioni epiche o straordinarie. Pochi ricordano Anteo Zamboni che tentò di assassinare Mussolini a quindici anni, e pochi ricordano Franco Grechi che si arruolò nella X°MAS a dodici.

Perché o erano dalla parte sbagliata, o erano perdenti o entrambe le cose.

Questa narrativa fiabesca ha i suoi motivi, ma finché la terremo come unica non faremo mai pace col nostro passato e continueremo a riviverlo distorto, vergognandocene come bambini miopi che sbattono in un labirinto di specchi. È questo che ha permesso all’estrema destra di saccheggiare liberamente la nostra Storia, i nostri eroi, il nostro vocabolario, senza che noi alzassimo un dito per paura di sembrare dalla parte dei cattivi o dei perdenti.

Non è stata una manovra voluta, ma un insieme di fattori casuali e sfortunati. Da una parte l’estrema sinistra ripudiava l’idea di nazione in favore dell’Internazionale. Dall’altro l’estrema destra aveva bisogno di un bacino di ascoltatori, grazie ai quali – molti anni prima, e per altri motivi – era nato il fascismo.

Puntualmente, a farne le spese sono stati i nonni.

La prima volta che sono stato sul Sacrario del Monte Grappa sono rimasto allibito non solo dall’età, ma dall’idea di seppellire austroungarici e italiani insieme. Per tanti anni l’ho trovata una cosa ignobile, alla stregua di una fossa comune. Poi ho capito l’idea: cause, confini, schieramenti, regnanti, governi, sono irrilevanti. Quel che rimane è il valore delle azioni, e in questo tutti gli uomini sono compagni.

Se vogliamo evitare che il già disastrato popolo italiano si imbarbarisca fino a disintegrarsi, se vogliamo (ri)trovare valori di grandezza, cultura, bellezza, accoglienza, tolleranza che hanno reso grande il nostro paese dobbiamo riprendere in mano la vecchia narrazione e trovarle una nuova voce. Ironia della sorte, è tra i vecchi monumenti che la sento parlare più forte.

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L'autore: Nicolò Zuliani

Veneziano, vivo a Milano. Ho scritto su Men's Health, GQ.it, Cosmopolitan, The Vision. Mi piacciono le giacche di tweed.
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