Aumento cedolare secca 2020: importo da pagare e a chi spetta

Pubblicato il 21 Ottobre 2019 alle 11:10 Autore: Daniele Sforza

Aumento della cedolare secca sugli affitti a canone concordato a partire al 1° gennaio 2020. Ecco quanto si paga e le ultime notizie a riguardo.

Aumento cedolare secca 2020
Aumento cedolare secca 2020: importo da pagare e a chi spetta

Nel 2014 venne introdotta la cedolare secca sugli affitti, che dava la possibilità di stipulare un contratto di locazione tra proprietario e inquilino, consentendo il pagamento di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali relative al reddito dell’immobile. In quel tempo la cedolare secca era al 15% e scese così al 10%, restando poi inalterata fino al 2019, grazie ad una serie di proroghe incluse nelle ultime Leggi di Bilancio. Il prossimo anno l’aliquota tornerà a salire, anche se non all’originale 15%.

Aumento cedolare secca sugli affitti in arrivo nel 2020?

Tra le misure che il governo sta pensando di adottare spicca il rialzo dell’aliquota relativa alla cedolare secca sugli affitti a canone concordato, dall’attuale 10% al 12,5%. Si tratta, invero, di un incremento che è la metà di quello che ci sarebbe stato in assenza di proroghe. Tra le altre ipotesi allo studio relative al settore immobiliare, come si legge nel Documento programmatico di Bilancio, spicca anche l’aumento delle imposte ipotecarie e catastali per quanto riguarda i trasferimenti degli immobili tra privati, che dagli attuali 50 euro passeranno a 150 euro ciascuna. Di contro è prevista una riduzione delle imposte per i trasferimenti immobiliari soggetti a Iva (da 200 euro a 150 euro).

L’indignazione di UPPI

L’Unione Piccoli Proprietari Immobiliari è già sul piede di guerra contro gli aumenti della cedolare secca. “Questo Governo tradisce gli impegni assunti nei confronti dei proprietari di casa aumentando del 2,5% l’aliquota della cedolare secca e colpendo, quindi, coloro che hanno colmato le gravi lacune dello Stato in materia abitativa e posto di fatto fine alla contrattazione in nero di tale materia”. È quanto si legge in un primo comunicato stampa di Federproprietà, congiuntamente con UPPI e CONFAPPI.

L’UPPI, per voce del suo segretario generale Fabio Pucci, non ritiene giustificabile un ritocco della cedolare secca sugli affitti a canone concordato in scadenza nel 2019, anche perché il suo obiettivo era quello di evitare ogni ipotesi di evasione fiscale e in questo ha funzionato. “Tornare indietro significa smentire quello che di buono questo governo sta cercando di creare, la lotta all’evasione fiscale”. Per l’Unione dei Piccoli Proprietari Immobiliari “non c’è bisogno di ritocchi fiscali, anche per quanto riguarda l’imposta di registro, e quella ipotecaria e catastale, sono già balzelli onerosi che non incoraggiano e tutelano il mercato immobiliare”. Obiettivo delle tasse è stata spesso la proprietà immobiliare e questo, per Pucci, è la causa “di una politica economica dissennata degli ultimi 20 anni che non lascia nelle tasche dei contribuenti qualcosa in più rispetto a quanto le tasse fanno già in modo vampiresco succhiando”.

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Aumento cedolare secca affitti: chi colpisce di più

In un più recente comunicato firmato congiuntamente dal presidente della Commissione Fiscale UPPI Jean-Claude Mochet e dal presidente nazionale UPPI Gabriele Bruyère, si va a più fondo sulla questione spiegando che “l’aliquota del 10% ha favorito l’accesso all’abitazione in affitto a canoni calmierati e azzerato l’evasione fiscale nel settore”. Di contro, “l’aumento della cedolare secca provocherà una richiesta generalizzata di ricalcolo al rialzo dei canoni da parte dei proprietari che hanno rinunciato ai canoni liberi, a fronte di una tassazione ridotta e scoraggerà l’utilizzo di questa tipologia di affitto riservata a inquilini meno abbienti”.

L’UPPI rivendica che sono anni che chiede di “estendere la cedolare secca al 10% a tutti i comuni italiani per portare ovunque i benefici oggi riservati ai soli comuni ad alta tensione”. Dopo le politiche di austerità introdotte dal governo Monti che hanno determinato l’aumento delle tasse sulla casa e in seguito alla consapevolezza che il settore immobiliare è in forte crisi, per l’UPPI “solo un alleggerimento della tassazione sulla proprietà immobiliare consentirà al settore di riacquistare spinta e di giovare all’economia del Paese intero permettendo al PIL di riprendere a crescere”.

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L'autore: Daniele Sforza

Romano, classe 1985. Dal 2006 scrivo per riviste, per poi orientarmi sulla redazione di testi pubblicitari per siti aziendali. Quindi lavoro come redattore SEO per alcune testate online, specializzandomi in temi quali lavoro, previdenza e attualità.
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