Il Termometro Politico intervista l’Onorevole Ignazio Abrignani.

Il posto delle cose

Il Termometro Politico intervista l’Onorevole Ignazio Abrignani.

A circa due mesi di distanza dall’esito delle Elezioni Europee, calmatesi le acque e la concitazione del momento, il Termometro Politico ha incontrato il Responsabile della Sezione Elettorale del Popolo della Libertà, l’Onorevole Ignazio Abrignani, per avere una sua valutazione ed analisi del risultato emerso dalle urne il 7 Giugno.

[ad]Onorevole Abrignani, come spiega il calo delle preferenze ottenute da Silvio Berlusconi alle scorse elezioni europee? (2,7 milioni di preferenze contro i precedenti 3 milioni del 1994 e 1999, record che lo stesso Berlusconi aveva dichiarato di voler superare in questa tornata)

Nel 1994 la discesa in campo di Berlusconi è stata recepita come la vera novità della politica dopo decenni di una politica ingessata ed incapace di dialogare con i cittadini, per motivi diversi anche nel 1999 Berlusconi continuava a rappresentare il nuovo in politica, dopo il ribaltone e i governi pasticciati del Centro sinistra (ricordo che Prodi era caduto nel 1998 ed al suo posto sedeva D’Alema); i cittadini potendo esprimere delle preferenze scrivevano Berlusconi sia per aderire al progetto politico di Forza Italia, che per rimarcare una loro distanza dalla vecchia politica politicante incarnata da Prodi e D’Alema.
Se veniamo ai giorni nostri, in ermini assoluti non si è raggiunto il record precedente per una serie di motivi:
– l’elettorato che ha disertato le urne è in gran parte del PdL, e se facciamo una proporzione con i dati dell’affluenza i risultati si eguagliano;
– vi è stata una certa confusione da parte dell’elettore che di fronte al nome di Berlusconi scritto nel simbolo elettorale, in molti casi non esprimeva la preferenza perché la considerava implicita;
– infine voglio ricordare come la nostra campagna elettorale sia stata improntata alla sobrietà che il clima economico dell’Italia doverosamente impone; Berlusconi ha dedicato pochissimo tempo (poco più di tre giorni) alle manifestazioni politiche, il nostro elettorato è molto sensibile alla leadership del Presidente Berlusconi

Può essere stato un errore porre l’asticella del risultato atteso per il PdL troppo in alto?  Berlusconi si attendeva il 43-45% (ASCA, 2 giugno) e questo ha quasi fatto sembrare una mezza sconfitta un risultato (il 35%) comunque rimarchevole.

Sgombriamo subito il campo, il PdL ha vinto queste elezioni, sia le Europee che le Amministrative; nell’analisi predisposta dal mio Settore, l’abbiamo evidenziato sulla base dei numeri, sia per i voti ricevuti, sia per i Seggi europei e le Amministrazioni locali conquistati, sia per i tantissimi nuovi amministratori che si impegneranno a governare più del 50% della popolazione italiana.
I sondaggi che il Presidente aveva commissionato, erano molto approfonditi e precisi, ma come tutte le previsioni si basano su un’alea che rimane sempre imponderabile; si tenga presente anche che molti elettori hanno risposto affermando che avrebbero votato per il PdL e poi non si sono presentati ai seggi. L’errore nasce lì, se voi fate un rapido conto del calo dell’affluenza, specie in alcune regioni, i conti tornano.
Però sottolineo fin da subito che i nostri voti non sono andati da nessuna parte, né verso destra, né verso sinistra, né verso l’UDC e nemmeno verso la Lega Nord.

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[ad]Come valuta il calo nel Sud e nelle Isole (in totale – 1.600.000 voti circa) alle ultime elezioni europee, e che spiegazione ne dà?

Anzitutto si deve premettere che il PdL conserva il ruolo di primo partito anche nei Collegi Italia meridionale e Italia insulare. In termini assoluti il risultato ha visto una diminuzione, se vogliamo anche consistente, di voti attribuiti alla lista, ma questa tornata elettorale è stata caratterizzata da un fortissimo astensionismo come detto nella precedente risposta. Nell’analisi ci siamo soffermati sulle cause di questo astensionismo e soprattutto nelle regioni meridionali è stato consistente. I motivi, Sardegna nel 2004 si è votato anche per le Regionali, ed in una regione speciale quindi con una forte caratterizzazione ragionalista, simili elezioni sono molto sentite; ricordo che la Regione Sardegna è amministrata da una nuova giunta di Centro destra dopo l’implosione della precedente maggioranza di Centro sinistra. In Abruzzo c’è stato il terremoto. Sarebbe semplicistico dire che il 6 e 7 giugno erano giornate di bel tempo. Non voglio nascondere che un qualche malessere ha influenzato la scelta degli elettori, soprattutto per la percezione che l’attività del Governo sia più in linea con il programma politico della Lega Nord, il dato significativo è che un po’ di elettori che avevano votato nel 2008 PdL quest’anno hanno disertato le urne; è un elettorato che non dobbiamo riconquistare perché non ha fatto una diversa scelta, lo dobbiamo motivare a ritornare al voto.

Alle amministrative, sempre nel Mezzogiorno, c’è stato un importante trasferimento di voti dal PdL alle liste civiche, ed in molti casi anche all’MpA; che ruolo ha questo trasferimento di voti nella rivendicazione di alcuni esponenti del centrodestra locale della necessità di un “partito del Sud”?

Vorrei dare una lettura un po’ diversa dalla mera logica dei numeri. Interpreto la diffusione delle liste civiche come una risorsa per il Centro destra. Nelle realtà più piccole a volte è più semplice aggregare su temi locali e specifici grazie a liste civiche; nei comuni sopra i 15.000 abitanti e nelle province dove è in vigore il sistema del doppio turno, si cerca di massimizzare l’impegno di tutti anceh con liste che si richiamano al candidato sindaco o presidente o a realtà politiche minori. Poi c’è il PdL che nasce per semplificare il quadro politico e che è la risultante di almeno 7 movimenti e partiti con un bagaglio di tradizioni, di valori, di storia.
Se prima si presentavano le liste di Forza Italia e di Alleanza Nazionale, adesso la lista è unica, capita che gli esclusi vogliano massimizzare il risultato politico della coalizione con un loro apporto personale, ecco che abbiamo consentito la nascita di liste di appoggio. In altre occasioni alcuni partiti di grande e lunga tradizione conservano ancora un radicamento in qualche territorio: sarebbe sbagliato non tenerne conto, sarebbe sbagliato non includere ed aggregare. Il risultato è quindi complesso, si dovrebbe guardare non solo il risultato elettorale del PdL, ma quello dei candidati a Presidente di Provincia o a Sindaco.
Per quanto riguarda l’MPA i riusltati positivi sono giunti dalla Sicilia, dove come sapete la realtà è abbastanza complessa e la contrapposizione è stata aspra soprattutto per le note vicende della formazione della nuova giunta regionale. Mi pare che però per le elezioni europee il raggruppamento del MPA e degli altri partiti non abbia raggiunto l’obiettivo del superamento della soglia di sbarramento.
La necessità di un partito del sud non è la risposta alla forma partito PdL, ma alla politica del governo, tant’è che appena il Presidente Silvio Berlusconi ha reso pubblico il programma per il Sud la richista di partito del sud si sia ridimensionata notevolmente.

 

Salvatore Borghese