Buoni fruttiferi postali: rendimento dimezzato a scadenza, i casi di rimborso
Parliamo spesso di buoni fruttiferi postali, in particolare quelli degli anni Ottanta, a metà dei quali il rendimento è stato dimezzato. I casi.
Sul nostro sito abbiamo spesso parlato di buoni fruttiferi postali, non solo elencando le informazioni sulla sottoscrizione attuale, ma anche soffermandoci spesso sui Bfp trentennali sottoscritti negli anni Ottanta e che in questi ultimi anni i titolari hanno provato a riscuotere, vedendosi però ricevere dalle Poste somme spesso molto inferiori a quanto effettivamente spettante. Ne sono seguite delle cause e in diversi casi Poste Italiane è stata costretta a corrispondere quanto effettivamente dovuto, con la gioia di chi ha visto concretizzarsi le speranze di avere un bel gruzzoletto che si alimentato anno dopo anno dagli anni Ottanta in poi. Il noto decreto ministeriale del 1986 ha infatti dimezzato i rendimenti e spesso è stato sufficiente un vizio di forma affinché i legali dei titolari dei buoni avessero vinta la causa (ad esempio, la mancanza di un timbro).
Buoni fruttiferi postali: dal decreto del 1974 a quello del 1986
Della questione se n’è occupata un’avvocatessa, tale Marta Buffoni, che ha raccolto alcune storie nel libro “Mastercash – Ricette agrodolci per il risparmio in buoni postali”, citato dal Sole 24 Ore, la cui postfazione è curata proprio da un giornalista del quotidiano economico, Gianfranco Ursino. La vicenda, che abbiamo spesso ripetuto nei nostri articoli, è di quelle più note: negli anni Ottanta un lavoratore, magari con contratto a tempo indeterminato, vede nei Buoni fruttiferi postali un luogo ideale dove poter “parcheggiare” la propria liquidità e farla crescere anno dopo anno fino alla scadenza trentennale. In quel periodo i rendimenti sono alti e quindi i Buoni delle Poste fanno gola. La corsa ai Bfp avviene anche grazie a un decreto del 1974 che permette di estendere ai buoni già in circolazione i tassi di rendimento fissati per le serie di nuova emissione.
Modifiche al rialzo dei tassi di interesse, ovviamente, e a quel tempo nessuno protesta, ci mancherebbe. Poi arriva il 1986 e un nuovo decreto stabilisce il dimezzamento dei rendimenti. Viene istituita una nuova serie di buoni postali (Q) e il dimezzamento dei rendimenti viene esteso anche alle serie precedenti. Il decreto viene pubblicato in Gazzetta Ufficiale e Poste Italiane, nelle cause, spesso fa riferimento a quello come mezzo di comunicazione sufficiente a far valere le proprie ragioni. Ma alcuni tribunali dicono che non basta, e che i clienti dovevano essere opportunamente messi al corrente della modifica, tramite l’applicazione dei nuovi rendimenti sui buoni sottoscritti.
Conto corrente svuotato dopo truffa telematica: Poste Italiane condannata
Buoni fruttiferi postali: il contenzioso tra risparmiatori e Poste Italiane continua
Il contenzioso tra risparmiatori e Poste Italiane dura da un po’ e continua a sfornare sentenze in merito. Ma è bene interiorizzare un concetto ben espresso da Ursino nella postfazione al libro citato sempre dal Sole 24 Ore e che merita di essere testualmente ripreso. “Il risparmiatore che va allo sportello deve sempre partire dal presupposto che la relazione con banche e poste non potrà mai essere idilliaca, perché l’interesse degli intermediari finanziari finisce laddove inizia l’interesse del cliente. E quest’ultimo deve essere conscio che nessuna legge o authority può tutelarlo più di se stesso e deve quantomeno fare la sua parte informandosi, senza abbassare mai la guardia”.
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