Il trading online – com’è noto – è un fenomeno oggigiorno assai diffuso; tale attività è sottoposta anch’essa a regime fiscale, pertanto risulta utile sapere come funziona la tassazione dei guadagni derivanti da queste operazioni “digitali”. Ecco cosa è opportuno ricordare in proposito, in modo da non rischiare multe salate per aumenti di capitale non dichiarati al Fisco.
Trading online: che cos’è in sintesi
Preliminarmente e per chiarezza, richiamiamo il concetto di trading online, ovvero di attività sviluppate su piattaforme di trading online ad hoc. Il trading online altro non è che la compravendita di strumenti finanziari attraverso i siti web. Esso ha avuto regolamentazione specifica in Italia soltanto a partire dal 1999, anno in cui il “Nuovo Regolamento Consob di attuazione del Testo Unico dei mercati finanziari” ne ha disciplinato le caratteristiche.
I soggetti che operano nel trading online sono investitori o broker esperti di economia e mercati finanziari: in tale contesto acquistano o vendono online svariati strumenti finanziari, come azioni, titoli di Stato, obbligazioni, futures ecc. I vantaggi nell’utilizzo di servizi online di questo tipo sono gli oggettivi minori costi di commissione dovuti dall’investitore e la facoltà di quest’ultimo di potersi informare con efficacia sull’andamento di un certo titolo o della borsa in generale (attraverso la visualizzazione su schermo di grafici e informazioni sui titoli di borsa). Ciò chiaramente facilita l’attuazione di scelte d’investimento ponderate e ben valutate.
Le tasse sul trading: come incidono?
In verità, dal punto di vista del diritto tributario, sarebbe più corretto parlare non di tasse sul trading, bensì di imposte; ma nel gergo degli ambienti finanziari, comunemente si usa la prima espressione. Le tasse sul trading online sono tutte quelle imposte che di fatto colpiscono le attività di compravendita titoli e transazioni finanziari, effettuate attraverso software ad hoc e siti web appositi. In pratica il Fisco incassa una parte dei guadagni derivanti dalle transazioni finanziarie online.
Secondo il linguaggio giornalistico, tasse su trading online e tasse su rendite finanziarie sono considerati come sinonimi, anche se propriamente non si dovrebbe parlare di rendita. Infatti, le tasse sul trading online sono applicate sulla differenza positiva (ovvero il cosiddetto “capital gain” o plusvalenza finanziaria) tra quanto investito dal trader e quanto guadagnato. Questa differenza è in pratica la base imponibile, attraverso cui il Fisco, di volta in volta, può quantificare le tasse sul trading online.
Pertanto, se un trader non guadagna nulla oppure è in perdita, non dovrà versare nulla allo Stato, non essendo in gioco alcun capital gain ovvero nessun reddito (o rendita) tassabile.
Come si versano le tasse sul trading?
A questo punto vediamo quali sono i sistemi di pagamento delle tasse sul trading online, posto che vi sia stato un guadagno. La legge fiscale italiana prevede due diversi regimi per pagare le tasse in materia: regime dichiarativo e amministrato. Vediamoli.
Attraverso il regime fiscale dichiarativo, il trader (che ovviamente è anche contribuente) calcola e versa autonomamente le imposte, attraverso la dichiarazione Modello Redditi Persone Fisiche. Nella dichiarazione dei redditi, le plusvalenze o capital gain, sulle quali come detto vanno pagate le tasse trading online, debbono essere indicate nel quadro RT rigo 41, alla voce “altri redditi diversi di natura finanziaria”.
L’altro regime, quello amministrato, funziona diversamente. Esso infatti è caratterizzato dalla cosiddetta “tassazione sostitutiva”, ovvero le tasse sul reddito o plusvalenza, sono dichiarate e versate dall’operatore finanziario o broker, con l’applicazione di una ritenuta alla fonte a titolo di imposta definitiva. Si tratta quindi di un sistema di pagamento più immediato. Tuttavia occorre rimarcare che tale regime amministrato può riferirsi soltanto alle plusvalenze legate alla cessione di partecipazioni non qualificate; e alle plusvalenze legate alla cessione di titoli finanziari indicati dalle lettere c-ter) e c-quarter) dell’articolo 67 del Testo Unico Imposte sui redditi, ovvero il TUIR (tra cui le valute estere e i titoli non rappresentativi di merci).
Concludendo, si tratta certamente di aspetti di natura tecnica che però un investitore deve conoscere, per non incappare in eventuali brutte sorprese da parte del Fisco: è necessario insomma non soltanto conoscere le fitte trame del mercato finanziario e dell’andamento dei titoli di borsa, ma anche come lo Stato si occupa di tassare i guadagni / rendite derivanti dal trading online.
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