Homo faber, dicevano
Leggendo sceneggiature mi sono reso conto di una grande difficoltà degli scrittori, ovvero trasformare in immagini qualcosa che accade con i computer o Internet. Negli anni i registi hanno usato trucchi più o meno riusciti, dai movimenti di camera ai rendering della grafica in cui non si capisce un picchio, ma spiega se le cose vanno bene coi colori. Poi hanno creato la figura dell’hacker che nell’ambiente informatico viene deriso tout court sia perché non usa mai il mouse, sia perché quello scrivere freneticamente righe di comando non ha alcuna attinenza con come l’hacking funziona davvero.
E del resto, oggi è questa la realtà
Un mondo che sembra immobile, eppure fa e conclude cose gigantesche. Rapine da miliardi di dollari che non sollevano un filo d’aria, truffe milionarie che non fanno alzare chi le compie dalla sedia, aziende con fatturati importanti che se viste dall’esterno sono solo tizi seduti davanti a un terminale.
Se vive in una grande città un uomo può letteralmente non uscire mai di casa.
Lavora da lì, riceve soldi nel conto corrente con cui paga servizi online, spesa a domicilio o cibo già cotto, mobili, vestiti, persino colf o escort, volendo. Nel 2019 facciamo un sacco di cose che sono assolutamente certificabili e retribuite, ma non facciamo nulla di concreto. Mi viene in mente il nonno di una mia ex a cui regalarono un cellulare e lui lo smontò per vedere com’era fatto. Non ci capì nulla e servì un pomeriggio per spiegargli che non si poteva riparare con un cacciavite e una stagnatura, era tutto più complesso. Troppo perché un uomo possa farlo con le proprie mani, e lo stesso vale per le automobili.
Prendi una due cavalli o un Panda 4×4, una cassetta degli attrezzi, mappe, dei pezzi di ricambio e puoi letteralmente fare il giro del mondo. Puoi visitare gli urali come il deserto del Sahara, se calcoli bene la benzina; in caso di guasto la puoi smontare e rimontare pezzo per pezzo. Oggi una macchina ha tecnologie straordinarie, navigatore GPS, radio, iniezione elettronica, aria condizionata, ma al minimo guasto non ti sogni nemmeno di aprire il cofano o di provare a capire come funziona; devi portarla in officina specializzata.
Insomma, viviamo circondati da cose che non possiamo capire, modificare o costruire, solo utilizzare. Spesso viviamo in case sprovviste dello spazio necessario per avere un banchetto da lavoro, o anche solo un garage. E credo questo abbia un’impatto sulla nostra psiche più forte di quanto si creda.
Lo dico perché ho fatto lavori manuali (e preso soldi in nero)
Guardare un oggetto fatto da te dopo ore di lavoro, scheggie e bestemmie, e per quello ricevere una busta di soldi, non è paragonabile a lavorare con il virtuale. Perché da qualche parte nel nostro cervello siamo ancora scimmie e la nostra percezione del lavoro è ancora ancorata all’impegno fisico, tattile.
Coltivo carote, spacco legna, costruisco una casa, monto una macchina, e in cambio ricevo una ricompensa fisica. Mi va bene pure una prestazione sessuale, o un baratto, ma mi domando se una specie relativamente giovane come l’uomo sia davvero in grado di tollerare il non fare niente, pur facendo molto.
Qualcuno ha detto che una volta usavamo i computer per evadere dalla realtà, oggi usiamo la realtà per evadere dai computer. C’è chi si dedica al fai da te, chi coltiva piante e orti, i più disperati guardano video di gente che costruisce o restaura cose su Youtube, tipo vecchi davanti ai cantieri.
E come con le sigarette, ho l’impressione prima o poi qualcuno ci presenterà il conto.