Qualche giorno fa Gipi ha proposto (scherzando) di togliere ai politici tutti i social network, così da idealizzarli come molti hanno fatto coi politici della prima Repubblica. Ma per bizzarro che sembri, non è affatto un’idea campata per aria. Al popolo politici e governanti non piacciono a prescindere e li rivalutano solo se muoiono proprio come gli artisti.
Se mi sforzo di trovare una figura capace di essere universalmente amata da viva, l’unico nome che mi viene in mente è quello della regina Elisabetta. Molti giornalisti si domandano come mai – alcuni provano anche a rispondere – ma la mia sensazione è che Gipi ci abbia preso più di quanto lui stesso pensi.
La Regina d’Inghilterra non twitta, non scrive post, non litiga in televisione o sui social, non si fa selfie e non si sbilancia in considerazioni terra terra. Mantiene sempre e ovunque quell’atteggiamento di distacco istituzionale vecchio stile, che non si sbilancia in considerazioni pecorecce come invece vediamo ogni giorno, e sempre più spesso, fare sia i politici che i giornalisti.
Prendete lo scambio di insulti tra la Gruber e Feltri, o Travaglio che “ricaccia la merda in gola” a chi s’indigna per reportage ripugnanti, o Mario Giordano che fa Mario Giordano: il marketing basato sul caccapupù è diventato accettabile, persino auspicabile, nel nome di “parlare come il popolo”, “farsi capire” e il sempiterno “dire le cose come stanno”.
Ma alla lunga è un investimento pessimo.
Abbassarsi a parlare come falegnami di Mestre forse attira l’attenzione, ma di chi? In che modo? Perché anche mettersi a pisciare su una presa elettrica attira l’attenzione, ma a parte che non è una cosa positiva, poi il risultato è che la gente da te si aspetta solo quello.
Sei una macchietta, non un rappresentante del Paese.
Vai bene per quel bidone dell’umido che sono i reality VIP, non puoi sperare di avere consensi vasti o di essere rispettato; per un idiota che ti vota o ti ascolta perché “parli potabile”, due ti vedranno come un fenomeno da baraccone. I tuoi voti e i tuoi lettori verranno sempre dal primo, e verrai scalzato da qualcuno che dice più parolacce di te.
Nello splendido pezzo di Matteo Lenardon, “Guida al PD per smettere di fare schifo” tratteggia gli abborracciati tentativi del Partito democratico di tornare a stare in mezzo al popolo pur disprezzandolo e non conoscendolo. Io aggiungerei i memorabili tentativi di “svecchiare” l’immagine della politica con spot goffi al limite del ridicolo tipo quelli di Formigoni (non cliccate se soffrite d’imbarazzo vicario), il “siguro sigurooo?” di Renzi ed ecco il Vinci Salvini che vabbè, fa poker perché non puoi rubare il rabarbaro in barba a un barbaro.
Questa roba ha raggiunto l’apice quando persino l’account ufficiale della polizia ha polemizzato con Saviano. In pratica l’assioma del cittadino che aspira a elevarsi verso una figura istituzionale si è invertito, adesso sono le figure istituzionali che devono abbrutirsi, i medici che devono provare quello che dicono, gli ingegneri spaziali che devono convincere i terrapiattisti.
Mi domando cosa succederebbe se un politico riprendesse i toni istituzionali appropriati; Mattarella è uno dei presidenti più amati, e non è un uomo di Stato duepuntozzero. Conte usa Twitter come un organo di stampa, non risponde a nessuno e pubblica aggiornamenti perfettamente istituzionali. Entrambi sono considerati “i meno peggio”. Mettiamo anche sia un caso: non sto dicendo di fare i saccenti o gli arroganti, ma di essere consapevoli del proprio ruolo e del fatto che quando rappresenti un popolo non sei più solo te stesso – e difatti Conte ha subito rimosso il fazzoletto da taschino.
Di recente Twitter ha deciso di bloccare le inserzioni pubblicitarie politiche in tutto il mondo. Non è solo una cosa buona, è una cosa promettente. Perché mi piace pensare che lì fuori stia nascendo una nuova classe politica dopo questa che sarà più matura, competente e adulta nella comunicazione e nell’atteggiamento rispetto a questa pletora di finti gggiovani che litigano sui social come oggi nemmeno gli adolescenti fanno più. Quindi sì, credo la provocazione di Gipi in realtà sia un ottimo suggerimento: parlare meno per parlare meglio.