Il matrimonio, per legge, è una sorta di patto di futura convivenza tra gli sposi ed, in quanto tale, prevede tutta una serie di diritti ed obblighi in capo a coloro che diverranno coniugi. Ecco allora che il tradimento coniugale spicca come una delle possibili violazioni a quelli che sono i doveri matrimoniale nella vita di coppia. Vediamo di seguito quali sono le conseguenze legali in caso di infedeltà del marito o della moglie e come funziona la denuncia in queste circostanze, ovvero in quali casi può essere effettuata.
Tradimento coniugale: di che si tratta?
I doveri di marito e moglie non sono pochi e trovano la loro compiuta previsione nel Codice Civile, all’art. 143, che reca il titolo “Diritti e doveri dei coniugi“. Come detto, la violazione di uno o più di questi doveri comporta la possibilità di ottenere lo scioglimento del legame matrimoniale, attraverso la separazione e – in taluni casi – anche con un risarcimento del danno patito. L’articolo citato, in particolare, rimarca che dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà. Quest’ultima, insieme all’assistenza (morale e materiale), alla collaborazione ed alla coabitazione, costituisce un dovere inderogabile, per quanto attiene alla prosecuzione della vita coniugale.
L’obbligo di fedeltà e quindi di non cadere in un tradimento coniugale vale – secondo la legge attuale – per marito e moglie, indifferentemente. Qualche decennio fa, invece, la separazione per adulterio o infedeltà era ammessa soltanto se richiesta dal marito, in caso di violazione dell’obbligo da parte della moglie. Ma che cos’è – per il diritto – un tradimento coniugale e quando rileva?
Ebbene, un tradimento coniugale è propriamente la breve relazione amorosa instaurata da una persona sposata, con un partner che non sia il proprio coniuge. In altre parole, le conseguenze legali dell’infedeltà scattano soltanto quando si tratti di coppia sposata e i due coniugi non stiano già affrontando la fase di separazione o divorzio. Pertanto, sebbene secondo il senso comune un tradimento ricorre anche tra persone semplicemente fidanzate o conviventi, per aversi conseguenze legali, è necessario che l’infedeltà riguardi persone sposate e si verifichi in costanza di matrimonio. Altrimenti, le sole richieste che un fidanzato o convivente potrebbe fare, sarebbero quelle relative alla restituzione delle donazioni obnuziali, ovvero fatte nella prospettiva di un futuro matrimonio.
Secondo la giurisprudenza della Cassazione, l’infedeltà o tradimento sussiste non soltanto in caso di relazione sessuale con il partner, al di fuori del matrimonio, ma anche in ipotesi di legame sentimentale o puramente platonico/spirituale con persona diversa dal marito o moglie. Nei casi citati, è possibile quindi ottenere la separazione con addebito a carico del coniuge traditore.
Come tutelarsi in caso di infedeltà del coniuge?
La legge, ovviamente, prevede un ventaglio di tutele a favore del coniuge tradito. Anzitutto, come accennato poco fa, può – in sede civile – richiedere al giudice l’addebito della separazione, ovvero una dichiarazione di responsabilità che il magistrato competente, pronuncia nella sentenza emessa al termine del giudizio di separazione. Tale addebito comporta altresì la perdita del diritto al mantenimento e dei diritti di natura successoria.
Inoltre, il coniuge può domandare un risarcimento danni patiti, qualora il tradimento coniugale sia stato palesato alla collettività, a ad esempio con commenti e foto sui social network oppure con la formazione di due famiglie separate, e quindi con due relazioni parallele (una matrimoniale e l’altra no) ben visibili ai terzi. In questi casi, infatti, il giudice può riconoscere una somma come risarcimento in quanto l’infedeltà si è manifestata, ledendo il diritto alla dignità del coniuge tradito.
Quando scatta la denuncia?
Tuttavia la legge ammette anche dei profili penali, in caso di tradimento coniugale. Infatti, è possibile anche denunciare per il resto di maltrattamenti, connesso all’infedeltà. Per la Suprema Corte, laddove le caratteristiche del tradimento sono state capaci di ledere ed umiliare profondamente l’altro coniuge, ci sono margini per veder dichiarare la sussistenza del reato di maltrattamenti contro un proprio familiare, di cui all’art. 572 del Codice Penale.
Secondo la Cassazione, però, affinché possa parlarsi di reato, è necessario un tradimento ripetuto nel tempo e non quindi una mera scappatella; e – non meno rilevante – deve essere provato in giudizio che il tradimento coniugale è stato portato avanti, nella consapevolezza di produrre nell’altro coniuge un grave stato di turbamento psicologico e morale. Concludendo, laddove sia possibile fare denuncia per maltrattamenti dovuti al tradimento coniugale, sarà altresì possibile ottenere un risarcimento per danni morali.
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