La prescrizione è una regola che interviene in molteplici situazioni significative per il diritto e, tra esse, vi è anche quella correlata al pagamento della Tari, ovvero l’imposta sui rifiuti comunemente definita tassa sulla spazzatura. Vediamo di seguito quali sono i tempi della prescrizione Tari in Italia e come di fatto ottenerla.
Prescrizione Tari: il contesto di riferimento e quando scatta
La Tari in sostanza consiste nel pagamento della specifica imposta sul servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Essa è liquidata e riscossa dai Comuni e gli incassi sono utilizzati per migliorare l’efficienza nelle attività di nettezza urbana e la pulizia delle strade. L’imposta in oggetto è pagata annualmente, ma non di rado si verifica che qualche contribuente, poco obbediente nei confronti del Fisco, decida di non pagarla entro i termini stabiliti dalla legge in materia.
In queste ultime circostanze, il Comune si attiva attraverso la notifica di avviso di liquidazione e della cartella esattoriale, con cui incentivare il pagamento da parte del contribuente. La legge impone che, in ipotesi di mancata risposta e iniziativa di pagamento nei 60 giorni seguenti, l’Amministrazione locale può intraprendere la via del pignoramento dei beni del contribuente debitore. Tuttavia, anche il Fisco potrebbe incappare in qualche rallentamento o intoppo nell’iter amministrativo, per il quale l’avviso di liquidazione dell’imposta e la cartella esattoriale vengono di fatto spedite con ampio ritardo, pregiudicando di conseguenza il legittimo diritto del Comune all’ottenimento di quanto dovuto. Infatti, come accennato, in questa materia si parla di prescrizione Tari, pari a 5 anni (gli anni sono cinque perché si tratta di imposta locale, gli anni di prescrizione sono dieci in caso di tributo da versare allo Stato), che scatta a favore di qualsiasi contribuente.
Pertanto, il Comune può chiedere il versamento delle imposte evase entro 5 anni dopo quello in cui la tassa era da pagare; superato detto lasso di tempo, il Comune non può più avanzare richieste in tal senso. La prescrizione Tari quindi comporta l’estinzione dell’obbligo del contribuente e del correlato debito verso il Comune.
È chiaro che la prescrizione Tari ha anche la valenza di chiarire che il tempo massimo di conservazione dei documenti di pagamento è pari – anch’esso – a 5 anni: dopo, anche in caso di smarrimento, sarà possibile opporre con successo l’intervenuta prescrizione. Insomma, la prescrizione Tari interviene sugli arretrati evasi, ma anche su quelli pagati ma di cui sono state perse le ricevute.
Il sollecito di pagamento interrompe la prescrizione
Tuttavia la prescrizione Tari può essere interrotta. Infatti, se prima del decorso dei suddetti 5 anni, è inviato al contribuente in debito con il Fisco, un sollecito di pagamento, una cartella esattoriale da parte dell’agente della riscossione o ogni altro atto di diffida, comunicato con raccomandata a.r. o con pec, la prescrizione Tari si interrompe e ricomincia a decorrere da zero, a partire dal giorno successivo, per altri 5 anni. Ma se un atto è viziato dalla prescrizione, sarà comunque dovere del contribuente contestarlo e chiederne l’annullamento, entro 60 giorni dalla notifica, presso la Commissione tributaria provinciale. Altrimenti, quanto contenuto nella richiesta di pagamento sarà definitivo e non più opponibile.
Concludendo, la legge ammette un solo caso in cui la prescrizione Tari è pari a 10 anni. Ci riferiamo alle circostanze in cui il contribuente fa ricorso contro l’Agenzia delle Entrate perché ritiene di non dover versare alcunché allo Stato, e perde la causa. In queste circostanze, scatta infatti la prescrizione decennale per gli atti giudiziari, ovvero per la sentenza di condanna inflitta.
Segui Termometro Politico su Google News
Scrivici a redazione@termometropolitico.it